“Per risolvere la guerra dell’energia serve un’agenzia europea”. Andrea Malaguti – direttore della Stampa – e Stefano Paolo Corgnati, il rettore del PoliTo, discutono sul palco di Biennale democrazia su conflitti, decarbonizzazione e cambiamento climatico.
Nel 2019, quando inizia il mandato Ursula von der Leyen, viene stretto un accordo europeo “dove immaginavamo di essere – dice Corgnati – leader della decarbonizzazione e di ottenere la riduzione dell’impatto climatico: il green deal”. L’accordo segue una visione energetico-ambientale, insieme all’aspetto economico e occupazionale. “Dietro c’era una sfida di innovazione tecnologica – continua -, che si basava sulla riscrittura del mix energetico”.
Se non fosse iniziato il conflitto russo-ucraino il green deal sarebbe stato messo in atto a invarianza delle importazioni di gas, perché “a variare sarebbero state le quantità di risorse energetiche di altro tipo usate dall’Ue: meno carbone e petrolio, una piccola varianza in crescita dell’energia nucleare e tantissimo rinnovabile”. L’obiettivo ultimo di questa strategia – sottolinea Corgnati – è “l’autonomia energetica come fattore dominante la politica”.
La pandemia di Covid-19 non ha inficiato le direttive che alimentavano il green deal. Il problema, secondo il rettore, è l’assenza nell’Ue di un sistema infrastrutturale per immagazzinare l’energia. Inoltre, il conflitto ha bloccato l’importazione di gas russo, sconvolgendo il mix energetico e “solo a questo punto ci si è posti il problema della programmazione del sistema di approvvigionamento”. È necessario, continua, “un mercato unico dell’energia. La competitività del sistema europeo può esistere solo con una pianificazione a livello federale”.
L’autonomia dal punto di vista energetico implica una capacità di gestione della tecnologia coinvolta: “Quello che manca è una politica di sviluppo infrastrutturale di una nuova rete. E questo non spetta all’industria, ma alla politica: è difficile farlo senza un accordo europeo”.
Malaguti si chiede che cosa faremmo se la guerra finisse oggi: ricominceremmo ad esportare gas russo, o manterremmo gli accordi attuali? “Penso che la diversificazione del mix energetico – risponde Corgnati – serva. Abbiamo imparato che non bisogna legarsi troppo a un solo fornitore, ma anche che abbiamo bisogno di condotti”.
La crisi climatica è centrale nel quadro attuale, ma “non abbiamo la sensibilità del peso energetico dei beni e servizi che ci circondano”. Una politica comune europea è necessaria per creare consapevolezza, disciplinare le regole e “superare le barriere dei confini nazionali”. Torino e il suo Politecnico possono dare una mano non solo creando una cultura tecnica e tecnologica, ma anche indirizzando le policy nella giusta direzione.