Sabato 25 novembre è stata una giornata di grandi mobilitazioni contro la violenza sulle donne. Soltanto a Roma, alla manifestazione di Non una di meno, organizzatrici e organizzatori hanno riferito di 500mila persone e in molte altre piazze d’Italia ci sono state manifestazioni con migliaia di persone, come a Torino. Una partecipazione anche più alta degli scorsi anni, che tuttavia dovrebbe essere uno spunto ulteriore per continuare ogni giorno ad affrontare un problema sistemico, che ancora non è percepito come tale da molte persone. Su questo abbiamo intervistato Leone Orvieto, attivista dello snodo romano di Non una di meno.
Cosa vi portate a casa da questa da questa manifestazione molto partecipata di sabato e in generale dalle manifestazioni in tutta Italia che hanno avuto un ottimo riscontro?
Sicuramente una grande forza e voglia di risposta, voglia di cambiare le cose in qualche modo, che finalmente trova anche riscontro nelle persone che con i loro corpi scendono in piazza. È stata l’ottava manifestazione di Non una di meno del 25 novembre e di gran lunga la più partecipata quindi speriamo che questo sia solo l’inizio, un punto di snodo in qualche modo. Il 25 novembre è una data nazionale e vista l’impossibilità di scendere tutti verso Roma, è stato anche molto bella la volontà di prendere comunque voce, spazio e occuparlo. Ha fatto sì che in tutta Italia siano state quasi tra gli 800mila e il milione a scendere in piazza e questo sicuramente è un segnale molto forte.
Nonostante la grande partecipazione rimane ancora tanto lavoro da fare. Questa settimana il quotidiano La Stampa ha pubblicato un’indagine dalla quale emerge, per esempio, che un uomo su quattro pensa che il femminicidio sia una tematica “semplicemente” enfatizzata. Altri dati dicono che il 35,8% degli italiani pensa che quello dei femminicidi sia un problema di degrado della società e dei suoi valori. Cosa ne pensi?
Io riprenderei un punto fondamentale: il femminismo, avendo un approccio intersezionale, sicuramente non nega che il problema ad esempio di classe sia qualcosa che influisce ovviamente sulle incidenze di violenza di genere, quindi questo è un punto che è giusto tenere in considerazione. Ma non vuol dire che avviene solamente in situazioni di maggiori fragilità, perché ci sono tantissime altre forme di violenza che avvengono anche in situazioni economiche agiate. Il patriarcato è in qualche modo un problema sistemico e su tutti i livelli. Questo è importante riconoscerlo, ma anche riconoscere che ovviamente nelle situazioni di maggiore difficoltà si aggiunge ancora di più un’incidenza ma semplicemente perché dobbiamo andare a risolvere anche quel problema lì. Quindi degrado non credo che sia un termine adatto, semplicemente fragilità e difficoltà. Questo è importante per dare una risposta che vada non a riparare ma a prevenire.
Come fare allora a mantenere alta questa attenzione “ampia” che va oltre alle persone che già sono molto consapevoli del problema?
Questa è una bella domanda. Faremo quello che abbiamo sempre fatto. C’eravamo prima di questo 25 novembre e continueremo ad esserci anche dopo, provando a rilanciare su altre piazze ma soprattutto sulla prevenzione. Quindi porteremo delle istanze chiare da chiedere, che è importante che abbiano un punto di vista femminista e transfemminista: l’educazione sesso-affettiva nelle scuole e a tutti i livelli; la sensibilizzazione; un piano contro la violenza di genere; dei fondi per i centri antiviolenza che agiscano da un punto di vista transfemminista e in nessun modo riparativo, come invece indicano le linee guida proposte dal nostro governo a pochi giorni dal femminicidio di Giulia Cecchettin. Noi crediamo che questo sia stato semplicemente uno schiaffo ma siamo su numeri molto alti quest’anno, sono anche più alti dell’anno scorso. Purtroppo ci sarà una parte di persone che vuole negare che il problema sia sistemico ma del momento stesso in cui si chiama femminicidio, riguarda la ragione non solo il genere della vittima.
Avete visto o percepito una volontà di proseguire e non lasciar scemare l’attenzione dopo queste grandi manifestazioni?
La piazza così piena e le strade così piene hanno incanalato e collettivizzato anche molta rabbia e molta voglia di portare avanti un cambiamento. C’erano molte realtà differenti e questo speriamo che faccia sì che questo discorso venga portato avanti non solo da Non una di meno e da realtà transfemministe ma che la visione transfemminista venga anche adottata da tutte quelle realtà, organizzazioni politiche, partiti, che sulla violenza di genere si esprimono solamente quando siamo all’ultimo momento. Vorremmo che questa volontà venga portata avanti proprio perché abbiamo bisogno di un cambiamento e che questo venga ricordato anche oltre il 25 novembre. Ci chiediamo dove erano prima del 25 novembre quelle realtà che sono scese in piazza e speriamo che ci siano anche dopo e continui ad esserci.