Il 24 febbraio 2022 è una data storica anche per il mondo dell’informazione. Notizie prioritarie fino al giorno prima, come l’andamento della pandemia da Covid-19, l’emergenza climatica e le proteste studentesche, sono improvvisamente finite in fondo all’agenda setting. Tutto è passato in secondo piano, al cospetto di una guerra.
Luca Sofri, direttore del giornale online Il Post, spiega le ragioni di uno strumento adottato da molte redazioni: il liveblog. “Ci serve per aggregare le notizie. Successivamente ‘spacchettiamo’ singoli argomenti delle breaking news per approfondirli in pezzi autonomi e indipendenti”.
Un altro elemento di novità registrato è il recupero della centralità dell’inviato di guerra. Nonostante i conflitti continuino a esistere in tutto il mondo, la copertura mediatica dell’invasione dell’Ucraina – un paese europeo, peraltro candidato all’entrata nell’Unione – ha richiesto uno sforzo notevole per le redazioni. “I giornali stanno facendo un grosso investimento – prosegue Sofri – ma una figura del genere ha molte limitazioni: queste persone faticano a raccontare con libertà le cose”. In un mondo in cui le informazioni corrono velocemente, dunque, è fondamentale seguire fonti affidabili e ben selezionate, che sono gli stessi giornali. “Le due cose si completano, perché è utile comprendere quali sono gli scenari – e quello non lo si capisce stando per strada – ma è molto prezioso avere restituita un’immagine di realtà puntuali, soprattutto per i lettori che vogliono figurarsi di cosa stiamo parlando”.
Cecilia Greco, giornalista di Torcha, parla della metamorfosi che ha investito Instagram all’inizio del conflitto. Destinata alla gen Z – la generazione dei giovani nati nel nuovo millennio – la piattaforma ha smesso i panni di semplice fan base di personaggi famosi e regno dei selfie e delle foto delle vacanze, per indossare quelli di applicazione d’informazione e servizio. “Noi di Torcha – spiega Greco – abbiamo deciso di pubblicare tantissime storie con gli sviluppi del conflitto in tempo reale”. Il bisogno di informazione sta al passo con quello che succede, minuto per minuto. “Ci siamo resi conto che le persone vogliono questo: in sostanza, Instagram è diventato un thread di Twitter”. Le interazioni con gli utenti, poi, sono maggiori rispetto alla norma: “In molti rispondono alle storie, e spesso ringraziano per il servizio che stiamo dando”.
Un ulteriore dato è il cambio nel tipo di programmazione, con il monopolio dei contenuti sul topic Russia-Ucraina e i post dedicati all’approfondimento di singoli profili della vicenda. Dice Greco che “su Instagram questa non è la regola: le testate via social si distinguono per la varietà di argomenti che offrono agli utenti”.
Altra questione è il ruolo che i social hanno assunto nella narrazione ufficiale della guerra in Ucraina. Il presidente Volodymyr Zelensky, rifugiatosi in un luogo protetto della capitale Kyiv, ha affidato a Instagram i messaggi ufficiali alla nazione, diventando quasi un’icona dei social. E poi il racconto di una guerra viene fatto anche con i meme: il profilo Twitter ufficiale dell’Ucraina pubblica vignette satiriche contro Putin o a contenuto patriottico. Greco registra anche la compenetrazione tra racconto degli inviati di guerra e creazione di un contenuto nativo per i social: “Proviamo a contattare gli inviati e gli chiediamo di fare una diretta, o un reel di un minuto, per spiegare la situazione”.