La luce in fondo al tunnel è lontana per baristi e ristoratori. Dopo un parziale ritorno alla normalità con la zona gialla, che prevede l’apertura dei locali fino alle 18, il passaggio in zona arancione in seguito all’aumento dei contagi da Covid-19 in Piemonte impone a bar e ristoranti di restare aperti solo per l’asporto e il delivery. Tutto ciò acutizza le difficoltà economiche che hanno reso la categoria tra le più colpite dalla crisi causata dall’emergenza sanitaria.
“Con la zona gialla avevamo recuperato il 70% del fatturato” dice Luca Rizzello, titolare della gastronomia pugliese Moi Moi, alle spalle di Palazzo Nuovo. “L’asporto va bene, ma non benissimo, anche perché lavoriamo molto sull’università e ora gli studenti sono quasi tutti a casa. E Le consegne ci stiamo attrezzando per farle noi: le piattaforme prendono il 30% di commissione e l’attivazione costa fino a 300 euro. A noi resta ben poco”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Daniele Caro, proprietario del Denim Bar, situato di fronte all’aula studio Verdi, un’autentica gallina dalle uova d’oro per i gestori della zona in tempi normali: ora quasi deserta. “Con la zona gialla si vedeva un inizio di ripresa, ora bisogna tenere duro. Facciamo solo asporto senza consegne, contiamo sui nostri clienti affezionati e continuiamo a fare il possibile nel rispetto delle limitazioni”. Per Daniele però, la luce in fondo al tunnel sarebbe la riapertura totale dell’Università: “Prima che arrivasse il Covid fatturavamo il 60-70% in più. Il ritorno degli studenti segnerebbe una rinascita vera e propria”.
Nel vicino Caffè Verdi, un tempo gremito di studenti, le cose non vanno meglio: “Il ritorno in zona arancione è stato traumatico – racconta la titolare -, non essendoci più gente in giro il fatturato è crollato dell’80%. In zona gialla le cose andavano un po’ meglio, ma essendo chiuse le università l’afflusso è imparagonabile al periodo pre-Covid. Tuttavia se prima almeno la gente passeggiava e poteva sedersi, con la zona arancione non viene praticamente più nessuno. Ed essendo una caffetteria, delivery non ne facciamo”.
Valutazioni simili al Se Puede, a due passi dalla Mole: “Se ora perdiamo l’80% – dice il titolare del bar – con la zona gialla perdevamo il 70%. La chiusura alle 18 ci penalizzava moltissimo: uno deve star sempre a guardare l’orologio e se manca un’ora alla chiusura preferisce non sedersi. Non riusciamo a capire perché quello che è concesso il giorno diventa pericoloso la sera. Anche perché gli assembramenti sono altrove”. Gli occhi sono rivolti anche alla politica: “Speriamo che con il governo Draghi cambino le cose, non è possibile sapere due giorni prima che bisogna stare chiusi, ho dovuto buttare via un sacco di roba”. E la crisi economica si fa sentire: “Con tutte le limitazioni e il relativo crollo del fatturato abbiamo continuato a pagare le stesse tasse di prima, i ristori che abbiamo ricevuto dal governo sono insufficienti. È una lotta per la sopravvivenza”.
A queste voci si aggiungono poi quelle dei gestori che non hanno ritenuto conveniente aprire per il solo servizio d’asporto, e hanno tenuto la saracinesca abbassata. In una città sempre più vuota.