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Vision Europe Summit, a Torino si parla di scenari macroeconomici con il premio Nobel Spence

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Meno poveri, più reddito pro capite. È ciò che emerge, in estrema sintesi, dal Globalisation Report 2016, stilato dalla fondazione tedesca Bertelsmann, che sarà presentato oggi a Torino nel corso della terza edizione del Vision Europe Summit al Collegio Carlo Alberto. Sponsorizzata dalla Compagnia di San Paolo, che è parte del network di think tank europei Vision Europe, l’edizione 2017 del summit è dedicata ai “Winners and losers of globalisation”, i vincitori e i perdenti della globalizzazione.

Si discuterà con policymaker e esperti tra cui il premio Nobel per l’economia Michael Spence, il vincitore del premio Sakharov per i diritti umani Dennis Mukwege e il vicedirettore del Wto Karl Brauner. Ad aprire il summit saranno il presidente della Compagnia di San Paolo, Francesco Profumo e il presidente del Collegio Carlo Alberto, Pietro Terna.

Secondo quanto emerge dal report dal 1990 al 2013 il numero di persone che viveva in povertà assoluta nel mondo si è ridotta a un terzo: dal 35% della popolazione (cioè 1,85 miliardi) al 10,7% (767 milioni). Inoltre, sembra che tra il 1990 e il 2014 il reddito pro capite sia aumentato, per effetto della globalizzazione economica, sociale e politica in oltre 40 Paesi. Capofila è la Cina, dove il reddito pro capite si è quadruplicato, mentre in Corea del Sud si registra un aumento del 250%. In Italia, la crescita del reddito pro capite si ferma al 100%, come in quasi tutti i Paesi sviluppati: questo fatto, secondo il report, dipende soprattutto dalla delocalizzazione, che ha portato a una caduta dell’occupazione e dei salari.

L’effetto diretto della crescita dei Paesi emergenti, per Bertelsmann, sarà un aumento dei salari, ma anche una stretta protezionistica nei Paesi sviluppati già in atto: la limitazione della libera circolazione dei capitali, dei beni e delle persone è già stata certificata dai dati del Global trade alert report del Centre for economic and policy research, che ha contato circa 6600 misure protezionistiche introdotte tra il 2008 e il 2017.

Alcuni effetti della globalizzazione sono poi stati rafforzati, secondo i dati del report, dalle crisi del 2008 e dell’euro, creando grandi disuguaglianze che a loro volta alimentano populisti e euroscettici. L’opinione del pool di esperti di Torino è però che la risposta non può essere il protezionismo, perché l’isolamento economico condurrebbe a una perdita di crescita e produttività con conseguente innalzamento dei prezzi e diminuzione del potere d’acquisto.

Un tema per cui è ancora lontana una soluzione netta, ma che vale la pena continuare a discutere, tassello per tassello, anche all’ombra della Mole.

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