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Violante Saramago Matos a Torino: “Mio padre mi ha insegnato a pensare”

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La sala presentazioni del Circolo dei Lettori si riempie piano piano. In sottofondo una voce recita alcuni passi de “Il Vangelo secondo Gesù Cristo”, romanzo del 1991. Poi le luci si affievoliscono, la musica si abbassa ed entra in sala Violante Saramago Matos, biologa, scrittrice, pittrice. “Buonanotte” dice. Una piccola confusione che fa sorridere il pubblico e sorride anche lei perché “buonasera” in portoghese si traduce in “boa noite”. È la figlia di José Saramago, Premio Nobel per la Letteratura nel 1998. È stata invitata a Torino da Cooperativa Letteraria, associazione che ha dedicato il suo ultimo dossier all’autore di “Cecità”, in occasione del centenario della sua nascita. 

Ricerca e disciplina

Sul palco, insieme a Violante Saramago Matos, ci sono Caterina Arcangelo, presidente di Cooperativa Letteraria, Luisa Marinho Antunes, traduttrice e docente all’Università di Madeira e don Paolo Scquizzato. Si parla del lavoro di Saramago. Lavoro è proprio la parola giusta, l’autore l’ha sempre sostenuto: scrivere è un mestiere.  “Sono due le grandi lezioni che mi ha regalato mio padre – racconta Violante – la prima è che nessuno è il più importante del mondo. La seconda è che, le cose, bisogna farle sempre bene”. Rigore e disciplina, indispensabili. Ma da soli non bastano, servono le domande: “Se mio padre è così letto ed apprezzato – spiega – È perché alle persone piacciono i problemi che propone nei suo romanzi, le sue preoccupazioni sull’esistenza e sull’umanità”.

Tra verità e assurdo

Lo hanno definito pessimista. Per don Paolo Scquizzato non è così. “L’opera di Saramago è molto di più – spiega – La trascendenza è ben presente e si realizza nella capacità di sporgersi verso l’ulteriore. L’autore non si accontenta dello spettacolo del mondo, che non è sufficiente per compierci come esseri umani. Cerca la verità, intesa nel senso greco del termine: alétheia significa svelare. E Saramago, attraverso le sue storie e i suoi personaggi, si muove in questa direzione”. Un mondo in cui la morte non esiste più, due sosia che si incontrano, il dramma della cecità che si diffonde come un virus. Nessuna storia è assurda se il protagonista è l’essere umano, con i suoi valori e i suoi disvalori. 

Tre domande a Violante Saramago

In che cosa l’umanità è ancora cieca?

“In tutto. Ma soprattutto nel rispetto, verso gli altri e verso ciò che ci circonda”.

Tra le sue pubblicazioni si contano anche libri per bambini, come mai?

“Perché se dobbiamo creare dei lettori, è giusto che si inizi da ciò che piace a loro. E poi i bambini mi piacciono molto”.

Qual è il dono più bello che suo padre le ha fatto?

“Mi ha insegnato a pensare”.

Pensieri e riflessioni che ha regalato al pubblico presente al Circolo dei Lettori. “Per noi si è realizzato quello che la critica Daniela Marcheschi definisce il sogno della letteratura – spiega Caterina Arcangelo, presidente di Cooperativa Letteraria – quando si muove tra le persone, diventa viva e sboccia la bellezza. E con Saramago il sogno della letteratura si realizza appieno”. Torino lo sa bene: fu proprio qui che lo scrittore portoghese ricevette la sua prima laurea honoris causa in Lingue e Letterature Straniere. Era il 1990, ed era febbraio.

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