Una grande opportunità per le attività più disparate: spedizioni postali, operazioni di ricerca delle persone scomparse, attività agricole, assistenza sanitaria e, non ultimo, il giornalismo. I corsi per pilotare questi strumenti sono attivi e frequentati in tutte le regioni. Numerose testate hanno investito per dotarsi di telecamere volanti, e media internazionali come la Bbc e la Cnn hanno stanziato ingenti risorse economiche per perfezionare il metodo. Le possibilità e i limiti dell’utilizzo dei droni in ambito giornalistico hanno animato il dibattito dell’incontro “Giornalismo e droni” al Salone del Libro. Sono intervenuti Alessandro Contaldo, foto video reporter di Repubblica, il filosofo Ugo Pagallo, il giurista Carlo Blengino, collaboratori del Centro Nexa di Torino e Anna Masera, Public editor della Stampa e direttrice di Futura.
«Il drone nel giornalismo è l’archetipo di quello che sta accadendo anche in altri campi grazie alle tecnologie digitali, ci rendiamo conto che possiamo fare tante cose, ma non tutto ciò che è possibile è fattibile» sottolinea Blengino. L’invasione del domicilio è una delle questioni più dibattute: un microdrone può pesare meno di 100 grammi e con facilità può registrare immagini dalle finestre, l’avvocato non è sicuro che questi strumenti in mano a giornalisti e forze dell’ordine possano essere un vantaggio per i cittadini. Non ci sono leggi specifiche che regolano queste eventualità, ma il patentino dell’Enac è iper regolato, tanto da giustificare la battuta di Ugo Pagallo: «L’unico drone legale in Italia è nella scatola, chiuso nell’armadio e sorvegliato da due guardie giurate».
Carlo Blengino solleva la questione delle «videoriprese non comunicative», come quelle effettuate da un drone, che non godono della tutela costituzionale sulla riservatezza. «Si rischia di usare il drone non tanto per documentare la notizia, ma per crearla», sottolinea l’avvocato. La nostra privacy non riguarda solo casa nostra, ma anche il nostro telefonino, il browser, tutto il mondo di dati presente nei nostri dispositivi.
Non si deve prescindere dalla deontologia e dal buon senso. Il drone cambia il punto di vista, ma non gli obblighi del buon giornalismo. «La valutazione del rischio è molto importante, come la presenza di persone, la mancanza di segnale GPS o le reti Wi-Fi, che in alcuni casi creano disturbi al volo» aggiunge Contaldo.
L’introduzione di questi strumenti ha cambiato il mondo militare, l’esplorazione di zone inaccessibili o appena colpite da eventi naturali come terremoti o uragani. Con le giuste limitazioni anche nel giornalismo si aprono nuove frontiere per inchieste innovative, sicure e, perché no, spettacolari.