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Università di Torino, oggi l’inaugurazione dell’Anno Accademico

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Si inaugura oggi 24 maggio il 617esimo Anno Accademico dell’Università di Torino. L’inaugurazione originariamente avrebbe dovuto tenersi a marzo, ma è stata rinviata per consentirne lo svolgimento in presenza, nell’aula magna della Cavallerizza Reale in via Verdi, a due passi dalla sede del Rettorato. Sono intervenuti, oltre al Rettore dell’ateneo Stefano Geuna, il professore emerito Zagrebelsky con una lectio magistralis, il direttore d’orchestra Riccardo Muti, la direttrice generale Loredana Segreto. Saluti delle istituzioni con gli interventi da remoto della sindaca di Torino Chiara Appendino, del presidente della Regione Alberto Cirio e del presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, che hanno inviato un videomessaggio.

Il primo a prendere la parola è stato il Rettore Stefano Geuna, che ha voluto ricordare i colleghi scomparsi a causa del Covid-19 con un minuto di silenzio. Come già anticipato nella conferenza stampa di sabato scorso, il Rettore ha elencato i numeri dell’ateneo, evidenziando il trend positivo; e ha parlato dei progetti futuri dell’Università: la realizzazione di nuovi spazi all’interno dell’ex sede de La Stampa in Via Marenco; la riqualificazione delle Molinette, con l’ospedale in procinto di trasferirsi nella nuova Città della Salute; il progetto di un polo della robotica allo Scalo Vallino; la Città della scienza a Grugliasco, un campus che punta ad ospitare diecimila studenti e aperto alla cittadinanza; la ristrutturazione della Cavallerizza Reale; il Centro per l’intelligenza artificiale; la valorizzazione del patrimonio culturale, in sinergia con la città e l’intero territorio. Parola d’ordine per il Rettore è internazionalità: “la scienza è libera e non ha frontiere, ma l’internazionalità bisogna sapersela conquistare, se non siamo noi a volare in alto non possiamo dire agli altri di farlo. La nostra speranza in futuro è di rendere ancora più libero il percorso di mobilità, senza firmare decine di documenti per l’Erasmus”.

Geuna ha concluso il suo intervento ringraziando il personale tecnico e docenti dell’Università di Torino: “Sono le risorse umane che fanno la differenza. Per questo abbiamo investito tantissimo su di loro, e continueremo a farlo, assumendo nuovo personale tecnico, raddoppiando gli assegni di ricerca e destinando più di 200 borse di dottorato. Siamo tra i pochi che continuano ad assumere a tempo indeterminato, in un territorio che sta affrontando una forte crisi”.

Sono intervenuti da remoto la sindaca di Torino Chiara Appendino e il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, con un videomessaggio di auguri. “Spero sia l’ultimo intervento in remoto – ha detto Appendino – . So bene quanto sia stata colpita l’Università, a darci la forza sono state le Istituzioni, che ringraziamo per il sostegno fornito in questi mesi, in primis perché hanno formato i medici che ci hanno curato in questi mesi e gli scienziati che ci stanno aiutando ad uscire da questa situazione. Gli investimenti in istruzione e ricerca sono il miglior piano di ripresa e resilienza che ci possa essere”. Cirio ha ringraziato il Rettore per il lavoro di collaborazione svolto in questi mesi difficili: “L’Università di Torino è un esempio costante e instabile di prestigio internazionale, che ci aiuta a essere competitivi e ad attrarre nuove energie. Ci aspettano mesi fondamentali che andranno a definire il futuro della regione e dell’intero paese, e sappiamo di poter contare sul nostro ateneo”.

È intervenuto con un videomessaggio anche il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, che ha evidenziato la necessità della collaborazione a tutti i livelli: “Stiamo vivendo un momento storico, da più di un anno affrontiamo un’emergenza sanitaria che ha aggravato le condizione delle persone più fragili e vulnerabili. Non possiamo permetterci di rispondere con la logica della chiusura e dell’indifferenza. Nessuno può farcela da solo, considerarsi immune e proteggersi senza pensare agli altri. L’Europa non può affidarsi ai paradigmi del passato per affrontare le questioni del futuro. Pensiamo alla lotta alla povertà, alle disuguaglianze, all’immigrazione. Sono tutte questioni che non possono essere affrontate a livello nazionale. Occorre investire sui giovani, sulla cultura, in modo da ispirare altri paesi del mondo. Dobbiamo restare uniti con i nostri valori e riscoprire un’Unione Europea diversa da quella che abbiamo conosciuto fino ad oggi. L’Università di Torino si contraddistingue da sempre per la cooperazione, portando avanti un multilateralismo culturale, ed è quello che ci insegna la lezione del Covid”. Sassoli lancia anche un appello agli studenti: “Partecipate attivamente, per un’Europa meno burocratica e più solidale. Ricordatevi sempre che la democrazia è un bene prezioso ma fragile, da recuperare con responsabilità e visione comune, ma anche pragmatismo, Citando Schumann, l’Europa non si farà una sola volta, ma sorgerà da azioni concrete che creeranno una solidarietà di fatto, e questo non può avvenire solo tramite provvedimenti legislativi. Non possiamo permetterci di sprecare l’occasione che ci offre il Next Generation EU. Progresso economico e sociale devono andare di pari passo, per questo dobbiamo abbattere i muri, sostenendo università e centri di ricerca. È il momento di adeguare i meccanismi della democrazia per proteggerla da chi la vuole distruggere”.

Il Professore emerito di diritto costituzionale ed ex presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky ha tenuto una lectio magistralis sul significato della lezione. “La lezione è il momento centrale del nostro impegno. La parola lezione deriva da lectio, che proviene dal greco lego, che ha a che fare con l’atto di raccogliere e e collezionare. Assistere a una lettura, a un seminario, a una trasmissione radiofonica o a un notiziario non è lezione. Non è rivolta a singolo ma un uditorio. Nella lezione è implicito il carattere pubblico della parola, non può esserlo una confidenza. La lezione si tiene in uno spazio protetto dallo strepitus forii, e inizia facendo silenzio, in uno spazio chiamato aula, luogo spirtiuale dove spira un venticello di libertà. Aula deriva da aulos, il flauto che crea un venticello d’aria. Lezione sempre aperta a sorprese, con trasporto e viaggio, due parole complementari. A lezione ci si trasporta e si viaggia. Pensate all’immagine del tram e della passeggiata: il testo accademico è come percorso del tram, che infatti viene ripassato. La lezione invece non procede in linea retta, ma come una linea vivente sviluppa le sue potenzialità in corso d’opera. È come una passeggiata a piedi, una gita con un punto di finale. Chi passeggia e non va a zonzo procede tranquillo senza affrettare il passo e si guarda indietro per ammirare il paesaggio. La fine dell’ora di lezione e il fine della lezione non coincidono affatto. Non è solo una questione di trasmissione della verità, perchè se si riducesse solo a questo non avrebbe senso. La lezione va considerata come un tempo di condivisone di materiali destinati a diventare vivi. La lezione intesa come mera trasmissione ha una funzione omologante, che si accerta solo della definizione del prodotto, come può essere il diploma o il voto d’esame. Il docente deve mettersi dalla parte dei suoi studenti e non dei suoi colleghi, evitando di rompere il filo dell’apprendimento. Il professore, consapevole del suo ruolo, dev’essere un seduttore, che attraverso il fascino della materia che tratta deve farsi impresario di se stesso per il proprio successo presso gli studenti”. Una riflessione poi sulla specializzazione del sapere: “La scienza del nostro tempo è il campo delle specializzazioni, solo gli specialisti hanno il diritto di abitarle. Il cammino della specializzazione proseguirà. Gli scienziati devono smontare il mondo in pezzettini sempre più piccoli, bisogna tenere distinta la cosa da osservare, affinchè la scienza sia pura e chiara. Ogni cosa è qualificata dalla sua specificità, e le specie tanto più si moltiplicano tanto maggiore è la convinzione di aver sconfitto la mitologia: piaccia o no, vi è un arretramento della poesia a favore del calcolo fatti compiuti. Ma così facendo si perdono di vista gli insiemi, procedendo attraverso la frantumazione. C’è l’ambizione di profetare su basi scientifiche separando le esistenze delle persone e delle cose, il problema dei problemi del nostro tempo è il rapporto tra scienza e coscienza. La lezione per essere efficace deve guardarsi intorno, passeggiando e trasmettendo ai nostri studenti il piacere della curiosità. Grande compito e grande difficoltà per noi figli della scissione tra scienze dell’uomo e scienze della natura. In futuro non scompariranno le nuove forme della didattica, ma assumeranno forme diverse e contraddittorie.” Zagrebelsky ha concluso la sua lezione con una riflessione sul tempo che stiamo vivendo, e che si spera stiamo per metterci alle spalle: “Il prossimo anno speriamo di poter fare un bilancio di un’epoca post pandemica che non abbia inaridito il nostro spirito.”

Il direttore d’orchestra Riccardo Muti ha fatto una riflessione sullo stato della cultura nel nostro Paese: “Cultura è una parola usata e abusata, svuotata del proprio significato. Siamo un paese privilegiato del suo passato, con un teatro in ogni centro. Ma ora quei teatri sono chiusi o trasformati in cinema. Un paese che non ha creduto nella sua cultura non ha insegnato il senso dell’armonia alle generazioni future. Sinfonia significa tenere insieme, se l’orchestra viene insegnata ai ragazzi insegna loro cosa deve essere una società. Tutti devono convergere allo stesso risultato, pur suonando linee diverse. Ora dobbiamo metterci in cammino per far sì di poter dare ai giovani quello che meritano: spero che nessuno in futuro pensi di tagliare sulla cultura”.

L’inaugurazione si è conclusa con gli interventi di alcuni studenti, italiani e stranieri. Davide Truccato, presidente del consiglio degli studenti, ha evidenziato la necessità di una visione per le nuove generazioni: “Le nostre vite sono state travolte, abbiamo bisogno di prospettive: rifiutiamo di credere che questo sia il migliore dei mondi possibili”. Panagiotis Pastrikos, studente greco in Erasmus, ha iniziato con un riferimento al suo paese e alla sua città: “Vengo dal Pireo, il porto più importante della Grecia, da cui idealmente ho iniziato il mio viaggio. Solo quando si supera la paura di lasciare il proprio Paese si riesce ad apprezzare il viaggio”.

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