La ricerca scientifica trova nuove strade per finanziarsi, grazie al contributo di tutti. L’Università di Torino ha lanciato oggi “Funds TOgether”, la sua prima raccolta fondi pubblica che ha proprio l’obiettivo di sostenere economicamente diverse squadre di ricercatori. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con ideaginger.it, piattaforma di crowdfunding, e con il supporto della Fondazione Compagnia di San Paolo.
La campagna è stata presentata questa mattina alla Sala Blu, in Rettorato. “Poter contare su strategie di raccolta fondi diffusa significa aprire gli orizzonti della ricerca alle nuove frontiere” ha spiegato il rettore dell’Università di Torino, Stefano Genua, “La comunità può dare un contributo attivo e trasparente alle cause che ritiene più meritevoli e praticare così un gesto di fondamentale valenza pubblica e civile. Anche questo è un modo per esercitare partecipazione civica e cittadinanza attiva”. Presente alla presentazione anche l’assessora all’Istruzione del Comune di Torino, Carlotta Salerno: “L’idea del crowdfunding è molto interessante per il coinvolgimento della cittadinanza in un ambito come quello della ricerca, che ha conseguenze importanti per la vita di tutti”. Andrea Silvestri, direttore generale dell’Università di Torino, mette in luce una delle innovazioni del metodo di raccolta fondi: “I cittadini vengono ingaggiati, coinvolti, e viene dato loro uno strumento per partecipare attivamente alla ricerca scientifica e quindi anche al loro futuro”.
I progetti che partecipano alla possibilità di ottenere fondi sono tre e stanno già ottenendo alcuni dei risultati sperati: le prime donazioni sono già state raccolte. Per ottenere i finanziamenti, ogni squadra deve raccogliere una somma di donazioni pari ad un obiettivo che ognuna ha fissato sulla piattaforma ideaginger.it, dove chi vuole può contribuire. Le squadre che raggiungeranno il budget prefissato otterranno quanto raccolto, e non solo: l’Università raddoppierà la somma e anche la Compagnia di San Paolo metterà a disposizione dei fondi, fino a un massimo di 5.000 euro per progetto.
I progetti da realizzare: voce ai ricercatori
I ricercatori del team “Impar.IA.mo l’Intelligenza Artificiale Giocando” hanno già ottenuto la metà dei fondi necessari a ottenere il finanziamento. Il loro progetto punta alla realizzazione di un programma di formazione per insegnanti delle scuole primarie e medie per diffondere la conoscenza dell’Intelligenza Artificiale. “Ci vogliamo occupare soprattutto delle realtà periferiche, dove insegnamenti su coding e intelligenza artificiale non sono diffusi” raccontano Carlotta Parola e Vincenzo Bellomo, due dei giovani del team, entrambi laureati in informatica. “Vogliamo creare un ponte tra mondo scolastico e universitario, per creare un bagaglio culturale condiviso“. Per raccogliere donazioni, ognuno si è attivato in prima persona: “Abbiamo coinvolto parenti, amici, colleghi. Stiamo anche sfruttando le nostre pagina social: cerchiamo di interagire con gruppi che si occupano di ambiti di ricerca simili al nostro”.
Ha invece già raggiunto il suo obiettivo di budget il team di “Salviamo il lemure cantante del Madagascar”, che vuole proteggere il lemure cantante, un animale a rischio critico di estinzione, che non sopravvive nei parchi zoologici e ha bisogno di vivere nel suo habitat naturale. Il progetto punta a sostenere il lavoro degli etologi, a formare i ranger locali e a offrire un’esperienza formativa agli studenti dell’Università. “Il lavoro di protezione dei lemuri cantanti è iniziato nel 2004 e continua grazie anche a Uonlus. Per la raccolta fondi abbiamo quindi potuto contare su uno zoccolo duro di persone che credono in questo ambito di ricerca” spiegano Valeria Torti e Chiara de Gregorio, laureate in biologia, entrambe con un dottorato alle spalle. “Il lemure ha una canto bellissimo, ce ne si innamora subito. In Madagascar l’Università di Torino ha costruito un centro di ricerca che è l’unico di una università italiana in questo Paese“.
“Fai brillare la ricerca” vuole invece progettare un biosensore in diamante artificiale per studiare il comportamento delle cellule sottoposte a radiazioni: la ricerca servirà per migliorare le tecniche mediche che solitamente usano le radiazioni (come le Tac, le radioterapie, le tecniche di medicina nucleare per curare i tumori). “Si sa ancora poco di quello che avviene con le radiazioni a livello di singola cellula” spiega il team dei ricercatori. “È un problema che riguarda anche settori molto specifici. Ad esempio, quando gli astronauti tornano dalle loro missioni, spesso si ammalano in breve tempo di malattie neurodegenerative. Il nostro progetto vuole essere utile anche per capire meglio questo fenomeno”. Il team ha già raccolto il 70% delle donazioni necessarie per avviare il progetto. “Ci siamo attivati nelle nostre reti” spiegano i ricercatori della squadra, “in base ai numeri che vediamo sulla piattaforma di crowdfunding, possiamo dirci ottimisti”. Il loro lavoro richiede competenze molto diverse: “Siamo biologi, chimici, informatici, esperti dei materiali. Questa è una delle cose più belle del nostro progetto: la trasversalità della scienza“.
Il nuovo approccio dell’Università potrà servire anche per ampliare la rete degli appassionati alla ricerca. “Le squadre hanno lavorato sulla propria rete di relazioni e sono state in grado di creare nuove alleanze con diverse componenti del territorio” ha specificato Agnese Agrizzi, Ceo di Ginger, “è un patrimonio prezioso, di cui potranno disporre anche in futuro”.