Ridurre l’impatto ambientale è tanto più difficile quando i rifiuti sono invisibili. Ma il Green Office dell’Università di Torino è riuscito nell’impresa, vincendo la fase nazionale della 12ª edizione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti 2020, contro oltre 3mila candidature, nella categoria dedicata alle pubbliche amministrazioni. “Spazzino digitale. Un byte alla volta contro i rifiuti invisibili” il progetto elaborato che adesso sfiderà gli altri vincitori in tutta Europa.
Sette giorni, dal 21 al 29 novembre, in cui ciascun partecipante avrebbe dovuto dare il proprio contributo nella riduzione dell’impatto ambientale e promuovere una campagna di sensibilizzazione sulla sostenibilità e sulla corretta gestione dei rifiuti. UniToGO lo ha fatto, dedicandosi ai rifiuti digitali dimostrando che è possibile, solo con qualche click, ridurre le emissioni di CO2 causate dall’uso di internet e dei dispositivi digitali.
Quanto inquinano la rete e i device
“Le fonti principali dell’impatto sull’ambiente del digitale sono due”, spiegano Micol Maggiolini e Nadia Tecco, project manager del Green Office UniToGO. Da un lato “la fabbricazione e spedizione dell’hardware di internet”, dall’altro “l’alimentazione e il raffreddamento dei dispositivi, come computer e smartphone, ma anche e soprattutto server”.
Ben il 2% delle emissioni globali di CO2, pari a 830 milioni di tonnellate, è prodotto dall’industria della tecnologia e della comunicazione. Ogni ricerca su Google ne emette da 0,2 a 7 grammi. L’invio di una email da un megabyte equivale a tenere accesa una lampada da 60W per 25 minuti.
“Se Internet fosse uno Stato – aggiungono Micol e Nadia – sarebbe tra i 10 più inquinanti per le emissioni di CO2”. Una stima che stupisce ancor di più se si considera che è stata elaborata prima dell’arrivo della pandemia. Adesso, invece, a un anno dall’emergenza sanitaria, “tra smart working, DAD e fruizione culturale spostata necessariamente on line, certamente sarebbe ancora salito nella triste graduatoria”.
Il progetto: “Spazzino digitale”
Un’iniziativa diventata un vero e proprio decalogo social sulle azioni da mettere in campo per fare pulizia digitale. “Il nostro obiettivo – spiegano da UniToGO – era principalmente sensibilizzare la comunità sul tema, porre l’attenzione su un aspetto poco noto e invitare tutti a fare periodicamente pulizia dei propri rifiuti invisibili. Sarebbe importante ed efficace se diventasse per molti una nuova abitudine”.
È bastato poco per far sì che le buone regole venissero messe in atto. Una call to action, lo strumento attraverso cui si è monitorato l’andamento dell’azione di pulizia. “Hanno risposto 17 persone che hanno pulito dai propri device circa 310 GB di spazio”, raccontano le project manager del Green Office. Ciò che conta però non è il numero di partecipanti, ma l’impegno che quel numero rappresenta: “Considerando il tempo impiegato nella pulizia, mediamente oltre un’ora, il risultato è soddisfacente e l’impegno dei partecipanti è nettamente superiore a un like o una condivisione sui social, che spesso è l’indicatore per l’adesione ad iniziative on line”.
Adesso, la sfida sarà renderci sempre più consapevoli di quanto la vita online incida sull’ambiente, ma soprattutto di quanto ognuno può fare per ridurne l’impatto. “La consapevolezza sul fenomeno è ancora molto bassa – concludono Micol Maggiolini e Nadia Tecco – ma è importante che il tema emerga, anche considerando l’investimento previsto con il Recovery Fund sul potenziamento del digitale in Italia”.