Unioni civili di coppie omosessuali: sono 291 le coppie che hanno detto il loro fatidico sì in Piemonte dall’estate scorsa. Dopo le polemiche suscitate dall’articolo di Repubblica che definiva un “flop” la legge sulle unioni civili, Futura News ha chiesto delucidazioni sulla situazione nel capoluogo piemontese a Riccardo Zucaro di Arcigay Torino. La Legge Cirinnà è stata approvata a maggio 2016, ma si sono dovuti aspettare i passaggi ufficiali di metà luglio che hanno permesso le prime effettive unioni civili. Bisogna inoltre considerare i decreti attuativi dell’autunno scorso, che hanno modificato una serie di passaggi burocratici (la questione del doppio cognome e del cambio del codice fiscale, per esempio) e reso più complicata l’effettività delle unioni civili. Questo ha rallentato l’iter e creato lunghe liste d’attesa, che si protraggono ancora oggi.
291 unioni in 10 mesi effettivi non sono un flop, considerando anche che il passaggio tra l’aver ottenuto un diritto basilare e il metterlo in atto non è automatico: anche le coppie eterosessuali che hanno tutti i requisiti per sposarsi non lo fanno immediatamente. Avere il diritto a contrarre unione civile non fa correre all’altare impreparati, di fretta e senza conoscere i dettagli di una legge ancora fumosa. E in più un matrimonio, lo sappiamo bene, costa.
Quelli a contrarre unione civile subito sono state le persone anziane, o con problemi di salute. Un caso torinese è stato quello di Gianni e Franco, una coppia di anziani (83 e 79 anni) che si è sposata ad agosto dopo 50 anni insieme. Gianni è mancato lo scorso gennaio.
Ha influito anche la mancanza di una stepchild adoption piena. Questa parte della legge Cirinnà infatti disincentiva chi, nella propria aspettativa di famiglia, considera anche la presenza di figli. Esiste una buona fetta della popolazione che, infatti, non vuole avere il diritto a riconoscersi sposo o sposa finché non può anche riconoscersi padre o madre. Una stepchild adoption completa potrebbe quindi incentivare le unioni civili omosessuali.
Le liste d’attesa a Torino sono abbastanza lunghe: persone che hanno chiesto l’unione civile a ottobre 2016 riusciranno a sposarsi il prossimo luglio, per esempio. Dall’Arcigay si aspettano numeri magari non in salita, ma stabili: alcune coppie che senza legge Cirinnà si sarebbero sposati di fretta all’estero, oggi hanno deciso di prendere più tempo e organizzare il matrimonio con più calma in Italia.
In ogni caso nel capoluogo piemontese non ci si aspettava numeri più alti. Subito dopo l’approvazione della legge, Arcigay ha contattato le anagrafi della città di Torino e dei comuni delle prime due cinture, per capire come si stavano muovendo e come stavano valutando la situazione sulle unioni civili: tra chi ha risposto, Arcigay ha notato una certa apertura positiva. A loro interessava accertarsi che chi si rivolgeva ai comuni più piccoli, dove poteva essere più difficile fare coming out e rompere il muro della discriminazione, avessero tutti i diritti e le informazioni necessari. Nonostante una legge fumosa, a Torino si sono tenuti corsi d’aggiornamento tra gli incaricati comunali per abilitarli a dare tutte le risposte del caso: l’amministrazione torinese, dice Zucaro, si è rivelata molto friendly e preparata. Zucaro tende a escludere che nel capoluogo piemontese qualche coppia si sia sentita restìa a contrarre unione civile per paura di violenze o discriminazioni.
In ogni caso non si dovrebbe identificare come valore economico o numerico un diritto fondamentale che finalmente è riconosciuto a una parte importante della popolazione italiana. Dall’articolo di Repubblica, poi giustificato dall’autrice, emerge una legge inutile quando la realtà dei fatti è diversa. Certo è fumosa, certo non è completa, certo non è perfetta, ma ha comunque appianato alcuni dei diritti che mancavano agli omosessuali.
“Non si può definire insuccesso una legge che, anche se a noi non piace, ha generato la felicità anche di una sola coppia”, così Riccardo Zucaro, portavoce di Arcigay Torino.