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Unione europea, la guerra del copyright in rete: Wikipedia si oscura per il no, pagine Fieg per il sì sui giornali

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È di nuovo scontro tra i sostenitori del sì e del no alla vigilia del secondo voto del Parlamento europeo sulla nuova direttiva dell’Unione in materia di copyright nel mercato unico digitale. Nonostante una serie di passaggi nelle istituzioni europee che hanno cercato di mediare tra le posizioni in campo, infatti, editori e piattaforme online restano su fronti opposti e lo fanno sapere oggi in modo esplicito, sui giornali e sulla rete. In Italia diversi quotidiani riportano una pagina a pagamento con un appello della Federazione editori di giornali (Fieg) ai parlamentari europei del nostro Paese in cui si chiede loro di approvare la riforma. All’opposto, da questa mattina Wikipedia si è auto-oscurata, pubblicando sopra ogni singola voce una pagina in cui si chiede esplicitamente agli utenti di contattare i propri rappresentanti in Europa per invitarli a votare no.

Il voto è fissato domani, martedì 26 marzo, e arriva al termine del negoziato seguito al via libera al testo di compromesso sulla nuova disciplina dato dall’aula di Strasburgo lo scorso 12 settembre 2018. A luglio una prima formulazione della riforma era stata bocciata e il testo era tornato in aula a settembre ammorbidito su diversi punti. Arrivato l’ok di Strasburgo, è iniziato un nuovo confronto. Dopo una fase di stallo lo scorso 13 febbraio è stata trovata una intesa tra Parlamento, Commissione e Consiglio dell’Unione europea, consentendo così di arrivare a un nuovo testo, ulteriormente alleggerito rispetto a quello approvato in particolare sugli articoli 11 e 13 su cui si concentra il disaccordo delle parti. Una formulazione che autori ed editori considerano assolutamente equilibrata, ma continua a non convincere i contrari, per diverse ragioni, alla riforma.

 

I pomi della discordia – 1 /L’articolo 11

È l’articolo che stabilisce l’obbligo di prevedere una remunerazione per gli editori da parte delle piattaforme online. La nuova formulazione permette agli editori di negoziare direttamente con le piattaforme online e gli aggregatori di notizie (come Google News) i compensi per la visualizzazione dei loro contenuti sulle piattaforme. Inoltre stando a quanto indicato dalle fonti dell’Unione la normativa non dovrebbe applicarsi a enciclopedie online a scopi non commerciali, come Wikipedia, o piattaforme software open source, come GitHub, mentre le piattaforme start-up saranno soggette a obblighi più leggeri rispetto a quelle più consolidate. Non ricadranno nella direttiva, infine, come invece sembrava dal testo uscito del Parlamento, i cosiddetti snippet, cioè gli estratti con titolo e qualche riga di testo con cui i contenuti vengono indicizzati sui motori di ricerca.

Ma secondo la Wikimedia Foundation tali tutele non sono garantite e sono comunque insufficienti.

 

I pomi della discordia – 2 /L’articolo 13

È forse l’articolo più discusso, in quanto impone alle piattaforme gli upload filter, cioè dei filtri tecnici per impedire la pubblicazione di materiale protetto da diritto d’autore. La direttiva prevede infatti che le piattaforme siano legalmente responsabili per i contenuti condivisi dai loro utenti. La nuova formulazione parla di “massimo impegno” (formulazione meno rigorosa della precedente) a rimuovere tutti i contenuti coperti da copyright e pubblicati senza licenza, ed esclude i meme e le gif, così come le opere satiriche, le parodie o le recensioni. Il problema è che non sarà facile, per un algoritmo, distinguere.

Anche in questo caso la normativa non dovrebbe applicarsi a piattaforme no-profit come Wikipedia o open source, come GitHub, così come tutte le aziende che sono sul mercato da meno di tre anni, hanno un fatturato annuo inferiore ai 10 milioni di euro e non più di 5 milioni di visitatori unici al mese.

Ma secondo Wikimedia è alto il rischio di una limitazione della libertà di espressione. L’organizzazione guidata da Jimmy Wales teme che “la soluzione proposta dall’Ue finisca per incentivare la completa rimozione dei contenuti, senza tutelare i diritti degli utenti e salvaguardare gli aspetti positivi delle eccezioni al diritto d’autore. Il filtraggio dei contenuti, esplicitamente formulato ma anche imposto dai rischi legali connessi alle responsabilità, attribuirà alle piattaforme il ruolo del principale giudice della “libertà di espressione”.

PAOLO PIACENZA