Giovedì sera, mezzanotte meno venti in piazza XVIII dicembre. La stazione di Porta Susa è illuminata e silenziosa, clochard si riparano dal freddo dietro alle colonne di via Cernaia, un gruppo di ragazzi ascolta la musica davanti alla fermata della metro. L’insegna blu del bar Dock Milano è ancora accesa, e lo rimarrà per tutta la notte. Dentro, un ragazzo dai tratti asiatici è chino su un libro a un tavolino, due vigilanti prendono un caffè e chiacchierano col barista, qualcuno perde tempo. Alla radio passa “Born to run” di Springsteen, è rimasto ancora qualche panino, sulle slot machine un cartello avverte della prossima rimozione.
Luigi ha una certa età, le braccia incrociate al petto, da dietro al bancone racconta dei 15 anni di apertura h24 del suo locale. «Passa un po’ di tutto da qui, la notte – spiega – C’è gente che gira, ci sono quelli che lavorano di notte e poi gli ubriachi e i senzatetto. È un’umanità molto varia, ma ci sono anche gli abitué». Come i due ragazzi della società di sorveglianza, che a mezzanotte chiacchierano con Luigi della dieta dei loro cani, come persone che si conoscono da tempo. Poi salutano e se ne vanno: «Ciao Luigi. Beppe, a più tardi». Beppe sta dando il cambio al collega, è lui che fa il turno di notte. A mezzanotte e mezza portano La Stampa, come l’annuncio di un nuovo giorno che inizia. Beppe le dà un’occhiata e la appoggia sul tavolino. Entra un ragazzo che chiede le chiavi del bagno e un whisky. Qualche minuto di contrattazione, poi ripiega su una merendina. «Questo voleva un chupito. Ma io mica li faccio» sospira Beppe. Sorride quando gli si chiede come gestisce i senzatetto. «Di solito li lasciamo una mezzora. Si riscaldano, se hanno due lire si comprano un caffè, dormono un po’ ai tavolini. Poi li allontano con le buone. Con gli ubriachi è più difficile». La conversazione si interrompe: mancano pochi minuti all’una, una coppia cena: due panini, brioche e caffè. Gente tranquilla, ma non sempre è così: «se entra qualcuno che è già partito per la tangente non gli dò da bere – spiega -quei cinque euro che guadagno non valgono la pena, se poi mi ritrovo con una vetrina spaccata o una pistola in bocca». È successo? E cosa hai fatto? Sorride, e invece di rispondere sistema in vetrina le brioche. Sono le due passate.
Una coppia di ragazze chiede qualcosa da bere. «Posso vedere i documenti? Voglio assicurarmi che siate maggiorenni». Le due chiacchierano mezzora, prendono qualche patatina da quel che resta del buffet dell’aperitivo, e se ne vanno. Quaranta minuti dopo, un uomo corpulento si appoggia al bancone. «Martino, caffè?» chiede Beppe, che ha già la tazzina in mano. Martino fa il tassista, lavora di notte. «Soccorritori, poliziotti a fine turno, autisti dei pullman che vanno in aeroporto, netturbini. Passano tutti di qui». Martino intanto ha trovato qualcuno che ha bisogno di un taxi. Paga, stringe la mano a Beppe, se ne va. Sono le tre passate: «Ci vediamo dopo».