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Una notte a San Salvario. La movida tra caos, speranze, fumo e alcol

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La generazione di Francesco Guccini e Giorgio Gaber “passava la sera scolando Barbera”. Quella di Vasco Rossi voleva una vita spericolata. Che volto ha la movida oggi?

Passiamo un sabato sera nel cuore della vita notturna torinese, nel quadrilatero di San Salvario. “Movida” è un termine spagnolo che si diffonde intorno al 1980 e indica il particolare clima di vitalità sociale, culturale e artistica, della Spagna libera dalla dittatura franchista che abbraccia la democrazia. Movida è festa o almeno così dovrebbe essere nel migliore dei mondi possibili.

Largo Saluzzo, al centro del quartiere, ci accoglie alle ore 22 con orde di persone ammassate, in posa davanti ai locali più chic e con le auto che devono zigzagare tra clienti e gazebo. Le strade non sono aree pedonali. Ci sono tanti minorenni con in mano bottiglie di alcolici. Si spaccia davanti agli occhi indifferenti dei passanti.

I ragazzi si sono approvvigionati prima dai mini market della zona. Li chiamano i “bangladesh” dove questa settimana ci sono le birre in offerta speciale. Le insegne sono semplici, in cartonato, raffigurano bottiglie di superalcolici.

Uno dei tanti minimarket a San Salvario

«I decibel del fracasso sono di poco inferiori ai valori registrati all’aeroporto di Caselle», fa notare un residente anziano puntando col dito il rilevatore installato assieme alle telecamere. «In pochi mesi – ricorda il signor Giulio – sono arrivate due volte le ambulanze per soccorrere dei giovani in coma etilico. Noi residenti non ne possiamo più. Qui abitano persone che non hanno possibilità economiche di insonorizzare le finestre».

Decine di residenti hanno firmato un esposto e sono in causa col Comune. Ci sono cartelli affittasi e vendesi ovunque. Gli affittasi sono per gli imprenditori che vogliono aprire locali. I vendesi sono per i residenti in fuga da San Salvario. Lo conferma una operatrice dell’agenzia immobiliare del Gruppo Toscano: «A partire da gennaio di quest’anno c’è stato un incremento. Soprattutto di affitti per studenti universitari e per l’apertura di nuovi locali serali».

«Sono andato via da San Salvario nel 2017. Non sopportavo più i disagi – sbotta Sergio, giornalista vissuto per trent’anni in largo Saluzzo –. Prima si viveva bene, era un pullulare di negozi e negozietti poi convertiti tutti in locali che aprono la sera».

Giulio ha visto le signore eleganti in Mercedes fuggire dai locali più cool come il Dash: «Non è bello vedere gente vomitare a pochi passi dai tavolini o ragazzi con la paghetta e senza lavoro posare con bottiglie. Spesso si ribellano anche i titolari dei locali che provano inutilmente ad allontanarli».

A Largo Saluzzo don Mauro Mergola della Chiesa Sacro Cuore di Gesù si è inventato la “movida spirituale”, invitando i ragazzi sul sagrato a distrarsi con il calciobalilla e porsi i grandi interrogativi della vita.
Per don Mauro Mergola, la movida oggi è un misto di gioia e sofferenza. Il venerdì sera è frequentato per lo più da adulti. Il sabato giungono gli studenti universitari e di scuole superiori, migranti e giovani della provincia. «I problemi di alcol e droghe – osserva – riguardano sia giovani che adulti. I giovani non vanno etichettati. Vanno ascoltati. Questa “movida” rende più evidente il loro bisogno di soddisfare ansie, paure e insicurezze. I giovani che abusano di sostanze provano un forte senso di solitudine affettiva e di rabbia interiore, la fatica di guardare al futuro. Questa situazione a San Salvario è stata creata da scelte politiche. Servono alternative vere». Secondo don Mauro ci vuole un patto di solidarietà tra commercianti, istituzioni e associazioni. Un investimento su educatori. «La movida non si può considerare solamente un arredo urbano».

Il parroco sottolinea che c’è un’altra faccia alla movida, quella che manifesta un bisogno di relazioni. I giovani hanno voglia di vedersi, incontrarsi, condividere e raccontarsi, superando barriere di tipo sociale e culturale. Con la chiesa sempre aperta di notte, dal 2013 a oggi i giovani hanno trovato un luogo di accoglienza. Una certezza per loro.

L’assessore alle politiche giovanili Marco Giusta vorrebbe ridurre la concentrazione su San Salvario e ricorda che per il prossimo anno è prevista la riapertura dei Murazzi sul lungo Po. Proprio i Murazzi sono stati protagonisti di una lunga diatriba tra residenti, frequentatori e amministrazione comunale.

«Ma il problema non si risolve spostando la movida – fa notare don Mauro –. Così si rischia di creare una zona franca dove chi vuole ammazzarsi può farlo liberamente, purché qui a San Salvario ci lascino dormire tranquilli. Un modo di fare che mi ricorda Ponzio Pilato».

NICOLA TEOFILO

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