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Una mostra per abbattere il muro dei suicidi in carcere

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Il 2024 è stato tristemente un anno record per i suicidi nelle carceri italiane. Sono stati infatti 90 i casi regsitrati: si tratta del numero più alto degli ultimi 30 anni, da quando cioè è iniziata la raccolta di questo dato. Anche sotto la spinta di questi ultimi avvenimenti, Juri Nervo, dell’associazione EssereUmani ha scelto, in collaborazione con i professori dell’Accademia Pierpaolo Rovero e Maurizio Quarello, di usare l’arte per non lasciare sotto silenzio questa realtà. E così lunedì 10 febbraio è stata inaugurata presso i locali del Museo dell’ex carcere Le Nuove la mostra “DIETROILSILENZIO”.

Si tratta di opere realizzate dagli studenti dell’Accademia albertina di belle arti di Torino su questo difficile tema, che sfida le democrazie e la loro dichiarata aspirazione al recupero umano, civile e sociale del detenuto. Le opere sono 15 pannelli nella forma espressiva del fumetto, che tanto si adatta a trasmettere messaggi forti in una maniera diretta e accessibile a chiunque. Secondo il direttore del museo, Calogero Modica, scegliere quest’arte è importante, perché nel parlare di suicidi “da un lato si rischia di scadere nel banale dall’altro nel truculento” e rimanere sul confine tra i due non è facile. Resta però la necessità di parlarne, perché “è il modo migliore per diffondere la consapevolezza su una realtà che è un fallimento di tutta la società democratica”.

Anche la scelta del luogo di esposizione delle opere non è casuale. Le tavole si trovano infatti all’interno delle celle de Le Nuove, un ex-complesso carcerario della città di Torino che è stato attivo fino agli anni ’80 del secolo scorso. Visitare la mostra percorrendo dei locali in cui dei detenuti hanno scontato la propria pena permette a chi è in visita di fare esperienza viva di ciò che viene rappresentato.

Al fianco della tematica dei suicidi, i fumetti parlano anche di disumanizzazione, discriminazione e scopo rieducativo del carcere. Non a caso, la mostra “DIETROILSILENZIO” si trova affiancata a quella “Art. 27”, nata dalla stessa collaborazione tra EssereUmani e l’Accademia di Belle Arti, che sancisce il principio per cui “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

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