L’emozione per gli ultimi momenti tra i banchi di scuola non coinvolge solo gli studenti. Si avvicina il termine dell’anno scolastico, oggi 6 giugno, anche per i dirigenti scolastici. Per quindici presidi della città metropolitana di Torino, è stato l’ultimo anno prima della pensione. Tra di loro, la preside del Liceo Classico Massimo d’Azeglio Chiara Alpestre e il preside dell’Istituto Majorana Giovanni Oliva.
Nel corso degli anni, come ha visto cambiare la scuola?
C.A: Io ho vissuto due mandati da sei anni ciascuno in due istituti di eccellenza come il liceo artistico Primo e il liceo classico Massimo D’Azeglio. Due esperienze che mi hanno dato grande soddisfazione, soprattutto perché sono capitati in momenti di transizione come quello della riforma Gelmini. Ci sono state grandi trasformazioni e sono state possibili solo grazie alla forte coesione con tutto lo staff.
G.O: Quando ho iniziato come insegnante, negli anni ’70, era l’epoca della partecipazione agli organi collegiali e delle lotte studentesche. Quella dimensione oggi è quasi scomparsa e andrebbe ripensata. Ogni generazione ha un suo approccio al sapere: la mia credeva nel senso critico, i nostri insegnanti si erano formati sul sapere “udito”. Gli studenti di oggi sono molto più attenti al saper fare e alle attività di sperimentazione.
Quali sono le priorità pensando al futuro?
C.A: Sono sicura che la scuola rimarrà in ottime mani. Per il mio futuro prevedo ritmi abbastanza distesi comunque ancora nel mondo della formazione, dando il mio supporto e il mio contributo per il futuro dei giovani studenti.
G.O: In questo momento nella scuola sta mancando il ricambio. Un’istituzione funziona quando ci sono generazioni diverse che si mescolano. In Italia c’è molto attenzione a formare cittadini, ma manca qualcosa nel preparare al mondo del lavoro: la legge sull’alternanza del governo Renzi va bene, ma i primi che dovrebbero farla saremmo noi docenti. Molti di noi non sono mai usciti dalla scuola, un mondo che è cambiato troppo poco rispetto a quello del lavoro negli ultimi decenni. Occorre uno sforzo di aggiornamento: il mio ultimo atto da preside sarà una giornata in cui una quindicina di nostri insegnanti dialogheranno con alcuni datori di lavoro su quali sono le capacità più richieste oggi ai giovani.
Che cosa prova pensando al suo ultimo giorno di scuola?
C.A: Mi muovo semplicemente come se non fosse l’ultimo. Sono molto soddisfatta di quest’anno scolastico, soprattutto per i risultati ottenuti dal mio liceo. Mi sto comportando come se stesse terminando tranquillamente il mio anno scolastico, accompagnando i ragazzi verso l’uscita.
G.O: Sono sempre stato nella scuola con un piede solo per via della mia attività politica. Non vivo questo momento come una fine, ma credo che mi mancheranno molto come la scuola scandisce i tempi dell’anno. Da quel punto di vista dovrò riorganizzarmi, ma spero comunque di tornare a scuola per gli incontri che faccio sui miei lavori di ricerca storica.