“Sembra un abbraccio amorevole ma in realtà ti priva della libertà”. Una mostra itinerante sui fumetti dà forma ai mille volti della violenza economica sulle donne. Il progetto socioculturale promosso da Global Thinking Foundation (GLT) è arrivato a Torino con l’esposizione Libere di… Vivere. L’iniziativa si inserisce nel programma di formazione dedicato alle scuole superiori che la Città metropolitana organizza attraverso il CeSeDi (Centro Servizi Didattici). “La violenza economica non viene immediatamente vista come una violenza”, dice la vicesindaca Michela Favaro dopo il tour della mostra, “bisogna cambiare la cultura e la consapevolezza partendo proprio dalle giovani generazioni”. L’intento di GLT è proprio quello di rendere visibili gli effetti della privazione economica sulla condizione materiale, sociale e psicologica delle donne e dei loro figli.
L’esperienza delle protagoniste dell’universo comics dagli anni Quaranta a oggi testimonia l’evoluzione della società, grazie all’estro dell’associazione Anonima Fumetti di Torino che ha curato la prima parte dell’esposizione. Questa tappa della mostra è fondamentale per comprendere perché solo oggi si può parlare di violenza economica, e quali altre “peripezie” hanno dovuto affrontare le donne nel corso dei decenni per ottenere risultati in tema di giustizia di genere. Inaugura il percorso Wonder Woman, che “per essere protagonista ha bisogno dei superpoteri”, spiega la responsabile Scuola e Didattica Goal 4 di Gtf Elisabetta Priano. Passando per Eva Kant e Mafalda si arriva a Valentina, che rappresenta tutte le lotte femministe degli anni Sessanta: quella per il diritto di voto, il divorzio, l’aborto. Chiude la carrellata Lucrezia, che “finalmente acquista una bella voce tonante”, sottolinea Priano, e che si lamenta del fatto che oltre a dover fare tutte le cose che fanno, “alle donne è richiesto di dimostrare che sanno farle bene… una faticaccia!”.
All’Accademia di belle arti di Torino sono state commissionate opere che rappresentano tutti i volti della violenza economica oggi. Le illustrazioni esposte ne delineano i vari aspetti: quello che prende le sembianze di un paternalismo benevolente, quello di un abbraccio premuroso che finisce per privare le donne della libertà di autodeterminarsi. Nei casi peggiori la violenza economica dà vita ad altre forme di abusi: quelli fisici, quelli contro i bambini e le bambine che assistono alla violenza o la subiscono, e che rischiano di crescere reiterando quei comportamenti nelle loro relazioni adulte.
La violenza economica raramente si presenta da sola, spesso è correlata ad altri tipi di violenze. Secondo i dati Istat più recenti, pubblicati nel 2021, tra il campione di donne che ha denunciato il 38% è stata vittima di violenza economica. Solo il 16,3% delle donne ha subito un unico tipo di violenza mentre il 10,5% me ha subiti più di quattro. Nell’11,1% dei casi alla violenza economica si associano quella fisica, minacce e violenza psicologica. Proprio per l’interrelazione che si instaura tra le violenze è difficile isolare i casi di violenza economica e, quindi, avere a disposizione dati più precisi e approfonditi. In generale, la ricerca condotta da Episteme nel 2017 evidenzia che c’è un “persistente e significativo divario di genere tra uomini e donne per quanto concerne la situazione economica e la gestione dei risparmi”. Il 21% delle donne del campione selezionato afferma di non possedere un conto corrente personale, contro l’8,7% degli uomini. I dati peggiorano se si analizza la situazione nel sud Italia e nelle isole, dove le donne senza un proprio conto corrente salgono al 26,4%.
La mostra si conclude con La regola del vuoto, la prima delle novelle grafiche inserite nel progetto. Secondo Claudia Segre, presidente e fondatrice di GLT, questa storia introduce alcune delle tematiche correlate alla violenza economica. Tra queste la differenza salariale e le sue conseguenze sulla vita economica delle donne. “La novella mostra l’esperienza delle tabacchine del Salento e il primo sciopero sulla differenza salariale in Italia”, ci spiega, per rappresentare visivamente “quel riscatto che porterebbe le donne […] a una cittadinanza attiva e a una partecipazione sociale piena se avessero le risorse economiche a disposizione esattamente come gli uomini”.