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Torino ricorda le vittime dei massacri delle Foibe

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Quasi 5mila vittime, più di 250mila persone in esodo tra Venezia Giulia, Quarnaro e Dalmazia. 71 anni dopo, Torino ricorda ancora le vittime del massacro delle Foibe. Stamattina, 10 gennaio, nel cimitero monumentale di Torino, sono intervenuti rappresentanti della Città e della Regione, insieme alle forze dell’ordine, ma soprattutto persone sopravvissute a quella tragedia. A loro è indirizzato il messaggio del presidente del consiglio regionale del Piemonte Stefano Allasia: “Ricordare ci rende più forti, ricordare in questo momento storico ci salva dall’oblio. Adesso abbiamo bisogno di una lettura meno ideologica della storia delle Foibe, di analisi più serene e obiettive”.

A chiudere la cerimonia è la sindaca Chiara Appendino: ” Il 10 febbraio 1947 il Trattato di Parigi ha stabilito gli accordi. Ma sapete che la vita umana non aderisce agli accordi. Le popolazioni italiane hanno pagato un prezzo riassumibile in tre parole: foibe, esodo e oblio. Oggi siamo qui per rimediare, per ricordare. Oggi siamo qui per ricordare ciò che è stato e non dovrà mai più essere. Ogni volta che si nega, si uccide una seconda volta”.

“La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale ‘Giorno del ricordo’ al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Con queste parole la legge 92 del 30 marzo 2004 istituisce il ricordo di uno degli avvenimenti più dolorosi della storia italiana.

Dopo la sconfitta dell’Italia nella seconda guerra mondiale, Istria, Fiume e Zara, allora territori italiani, vengono cedute alla Jugoslavia. Il passaggio porta con sé una serie di violenze dei partigiani comunisti guidati da Josip Broz, conosciuto come ‘Tito’, nei confronti di tutti coloro che si considerano nemici della costituzione di una federazione comunista jugoslava. Due saranno i periodi storici in cui la violenza sarà concentrata: la prima, nell’autunno del 1943 in Istria, dove accanto a squadristi e gerarchi fascisti vengono prelevati i proprietari terrieri e chiunque potesse far ricordare l’amministrazione italiana. Questi territori, infatti, erano stati teatro di una politica decisa per mano del regime fascista. La seconda ondata di violenze, invece, ha inizio nel maggio 1945 con l’arrivo delle truppe jugoslave in Venezia Giulia. In questo caso le rappresaglie colpiscono i soldati della Repubblica Sociale, ma anche tutti coloro che vengono accusati di collaborazionismo con i regimi nazifascisti, e alcuni partigiani italiani, rei di non accettare l’egemonia jugoslava.

VINCENZO NASTO

 

 

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