È stato inaugurato venerdì 15 dicembre il nuovo centro di giustizia ripartiva di via Carlo del Prete. Il centro di mediazione penale di Torino esiste già da 30 anni: “La Città di Torino fu la prima città che partì con questa esperienza”, sottolinea Gianna Pentenero, assessora al Lavoro e rapporti con il sistema carcerario. “Oggi di fronte alla riforma Cartabia dobbiamo trasformare la struttura nel centro di giustizia riparativa — continua l’assessora —. Mancano ancora i livelli essenziali con i quali si dovrà operare, ma crediamo sia importante iniziare a lavorare in questa direzione. È uno spazio che diventerà sempre più accogliente. Ci auguriamo diventi spazio di riflessione, di accoglienza e di grandi opportunità che possono essere offerte al tema della giustizia ripartiva”. L’inaugurazione del centro rappresenta un segnale positivo per portare questo percorso a essere sempre più diffuso e richiesto.
Il progetto è stato sostenuto, fin dall’inizio, dalla Regione, dal Comune di Torino, da Procura e Tribunale dei minori e dal Centro di giustizia per minori. Da alcuni anni, è stato coinvolto anche il Comune di Novara. “Il nostro obiettivo è quello di ampliare sempre di più questa rete — spiega Antonella Caprioglio, dirigente del settore Politiche per i bambini, le famiglie, i minori e i giovani della Regione Piemonte —. L’impegno della Regione è stato proprio quello di cercare di sostenere la continuità e lo sviluppo di questi interventi. Dalla prima area di intervento nell’ambito della giustizia minorile abbiamo anche cercato di trarre tutti gli spunti che hanno portato ad attivare la sperimentazione degli interventi che riguardano il contesto degli adulti”. I percorsi di giustizia riparativa nel capoluogo piemontese — pioniere in Italia — infatti hanno avuto inizio in via sperimentale già nel 1994 nell’ambito della giustizia minorile. Poi, tra il 1996 e il 1997, sono stati estesi a tutto il territorio regionale. E adesso si stanno diffondendo sempre di più anche tra gli adulti. Secondo Angelo Giovanni Lodigiani, esperto della Conferenza nazionale per la giustizia riparativa, si tratta della “forma autentica della giustizia umana nel suo essere”, in quanto riconosce al reo confesso la sua identità d’individuo. “Prima ancora del riconoscimento di un reato o di un’offesa, si riconosce che si ha di fronte qualcuno che è simile a me: la persona che ha compiuto un reato è molto di più rispetto alla cristallizzazione di ciò che ha fatto”, continua Lodigiani. Ma non solo: i percorsi di giustizia riparativa si focalizza sulla vittima che, dopo aver subito un’offesa, si trova a vivere una situazione difficile, in un ambiente che spesso percepisce ostile. “A differenza di quella tradizionale, la giustizia riparativa mette al centro la vittima, la ferita che bisogna cucire, il bisogno di sostegno, di calore e di accompagnamento non dal punto di vista di chi ha commesso il reato — commenta Jacopo Rosatelli, assessore alle politiche sociali della Città di Torino —. Il focus è su chi ha subito. È un cambio culturale che rende la giustizia più vicina alle persone e meno fredda”.
Per attivare il percorso, deve esserci il consenso delle due parti: quella offesa e quella della persona che ha commesso il reato. Ma quella da sanare è una “spaccatura sempre più difficile da ricucire. I ragazzi coinvolti in queste vicende hanno difficoltà a percepirsi e a parlare. In più vengono fortemente mortificati. Questa mortificazione genera odio, e in più sono da soli nel viverla — spiega Roberta Vicini, giudice del Tribunale per i minori —. Spesso interveniamo tardi e i ragazzi non vogliono intraprendere un percorso di mediazione e riparazione”.
Torino si sta attivando anche per estendere la possibilità di far accedere anche gli adulti ai programmi di mediazione: “Sono già in corso delle interlocuzioni per rendere operativa la giustizia riparativa in ambito ordinario. Ci sono già delle interlocuzioni con l’avvocatura. Naturalmente occorrerà attendere i riconoscimenti formali del Centro di giustizia riparativa”, spiega Marta Lombardi, sostituto Procuratore generale presso la Corte di appello.