Dalla prima pagina Facebook a un partito unitario presente in trenta paesi. Dai comitati di provincia a quell’unico seggio nel nuovo Europarlamento. In controtendenza rispetto ai risultati elettorali delle Europee in Italia, un partito giovane, formato in media da under 35 e nato appena due anni e mezzo fa, sta cercando di svilupparsi nel nome di un’Unione Europea da rinnovare, da rendere più forte e democratica. Con l’intenzione di ancorare ai problemi della vita quotidiana un programma nato dalla sintesi delle assemblee nazionali.
L’esordio in Europarlamento
Volt si presenta come un movimento di dimensione europea. Nasce come reazione al referendum per la Brexit dall’incontro tra tre giovani di nazionalità diversa, l’italiano Andrea Venzon, la francese Colombe Cahen-Salvador e il tedesco Damian Boeselager. Credono che andare oltre i confini nazionali sia il solo modo per affrontare le sfide contemporanee. Con loro ci sono circa 20 mila iscritti sparsi in tutto il continente, organizzati in comitati nazionali e cittadini secondo uno statuto unitario. Le uniche risorse sono finanziamento collettivo e volontariato.
Boeselager è il primo eurodeputato della storia di Volt e oggi, 2 luglio, prende parte alla sessione costitutiva del nuovo Parlamento Europeo. L’obiettivo della sua elezione è di sostenere le posizioni dell’intero movimento all’interno della formazione dei Verdi. La stessa decisione di aderire all’eurogruppo degli ambientalisti è stata presa con l’appoggio della maggioranza di tutti gli iscritti a Volt, non solo per volontà del partito in Germania.
Now the first seating in the plenary – I am very excited for @VoltEuropa and again thank all the voters across the continent for their trust!
We are going to rock this!!! For a real European parliamentary democracy that tackles the issues of our time effectively. #volt4eu pic.twitter.com/sLkOnXNSPz
— Damian Boeselager (@d_boeselager) 2 luglio 2019
Obiettivo Torino 2021
Alle elezioni dello scorso 26 maggio, Volt ha presentato una lista di candidati in nove paesi. In Italia, i paletti posti dalla legge per l’elezione dei membri del Parlamento europeo si sono rivelati stretti per un movimento che si è organizzato a livello nazionale solo il 15 luglio di un anno fa. “Abbiamo comunque portato avanti la nostra campagna di raccolta firme: ne occorrevano 150 mila per correre in ognuna delle cinque circoscrizioni, ne abbiamo raccolte circa 40 mila” racconta Riccardo Pinto, coordinatore di Volt Torino.
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Il comitato cittadino è nato a fine giugno 2018, un paio di settimane prima dell’organizzazione nazionale. Si riunisce due volte al mese nel quartiere San Donato. Manca ancora una sede ufficiale, i soci sono un gruppo di professionisti e studenti universitari, molti alla prima esperienza politica. L’obiettivo a cui stanno lavorando è quello di presentarsi alle comunali del 2021 con un programma capace di ritagliare sulla città i principi europeisti di Volt: “La dimensione europea ci dà la visione, per formulare proposte che siano percorribili puntiamo sul confronto continuo con le associazioni locali – spiega il vice-coordinatore Ricardo Regis – la politica deve cercare risposte concrete: noi crediamo che un’Europa forte possa aiutare per risolvere problemi quotidiani”. Il primo confronto diretto con la realtà, con la rabbia e le preoccupazioni dei cittadini non ha scoraggiato il gruppo: “Iniziare a scendere per strada, a interagire con le persone è l’esperienza più preziosa dei mesi scorsi” afferma Riccardo Pinto. Resta da vedere se e come Volt riuscirà a raggiungere consistenza rappresentativa e a essere abbastanza innovativo da avere un’identità chiara e distinguibile da quella di altri partiti europeisti o nati dal basso.
L’etichetta di “partito dei Millennials” viene accolta con ambivalenza, ma riuscire a inserirsi nei conflitti sociali di oggi e dare voce ai giovani, anche a quelli che faticano ad avere una visione europea precisa come quella di Volt, può essere un’altra importante sfida da affrontare.