“Conservatrice e anticlericale, nazionalista e fascista, libera e democratica, la Gazzetta del Popolo è stata riflesso dell’Italia che voleva raccontare nelle sue pagine: il primo quotidiano veramente popolare stampato in città. E, come tale – ricorda Gianpaolo Boetti, che alla redazione di quel giornale è cresciuto e si è formato per circa vent’anni – ha giocato un ruolo decisivo per l’avanzata dell’idea dell’Unità nazionale: Cavour ha guidato questo processo e la Gazzetta l’ha aiutato”.
Il celebre quotidiano fondato nel 1848 da Felice Govean, Giovanni Battista Bottero e Alessandro Borella ha chiuso i battenti nel 1983. E Torino, in tre luoghi simbolo della città, si prepara a festeggiarne i 135 anni di storica attività.
Dal 18 aprile al 19 maggio, Polo del ‘900 e Museo del Risorgimento insieme a Palazzo Lascaris (fino al 6 maggio) propongono “un viaggio nel tempo, non solo nel ricordo, per capire anni complicati della nostra storia e comprendere il significato della professione del “sottolinea Giorgio Levi, presidente del Centro Studi e Ricerche sul giornalismo Pestelli.
Queste istituzioni cittadine aprono le porte ad una rassegna visiva, ciascuna articolata in una differente sezione storica e tematica. Per Gianpaolo Boetti questa mostra ha più significati: “Innanzitutto riportare alla memoria un giornale che ha cercato di difendere il pluralismo dell’informazione, prima ancora della libertà dell’informazione, in momenti della storia nazionale certo non semplici”. Perché, si sa, quando l’informazione non è plurale, è unica: e in quanto tale uccide la democrazia. “E poi, la Gazzetta è stato un giornale che, nel gioco delle parti, ha predicato alcuni principi diventati importanti nel progresso civile: aiutare le società di mutuo soccorso, attaccare gli industriali quando si servivano di lavoro minorile, sostenere gli immigrati meridionali al tempo d’oro della Fiat impegnandosi in inchieste sui trattamenti a loro riservati”.
Festeggiare il compleanno di un quotidiano come questo significa seguire il consiglio di Pertini per il quale “la memoria costruisce il futuro”. La Gazzetta del Popolo è, fra i grandi giornali, l’unico a non avere una monografia completa. “Questa mostra – sottolinea il suo curatore Luca Rolandi – dovrebbe avviare una digitalizzazione di tutti i 135 anni della sua storia. Uno spaccato, sull’Italia a cavallo tra ‘800 e ‘900, che non vuole ridursi ad una esposizione estemporanea bensì rappresentare il tentativo di dare futuro ad una memoria di un giornale che ha fatto la storia dell’editoria nazionale”.
All’avanguardia fin dai tempi della fondazione (1848), negli anni ’30 del Novecento la Gazzetta del Popolo mise colore, pubblicità e illustrazioni nelle sue pagine. Dalla fine degli anni ’20, per quasi un decennio, è stato il secondo quotidiano per numero di copie vendute. Al lettore era proposto al prezzo di cinque centesimi, ragione che solo in parte ne spiega il successo e la diffusione.
Torino, con questo evento moltiplicato per tre, riconosce alla Gazzetta del Popolo il suo ruolo di grande scuola di giornalismo: qui si sono formati Ezio Mauro, Lorenzo Mondo, Giampiero Gramaglia – ex direttore dell’Ansa -, ma anche Giorgio Bocca, Angelo del Boca e Vera Schiavazzi. “Questa mostra – ricorda Rolandi – può raccontare un giornalismo che non c’è più, senza infondere nostalgie. Vogliamo dare vigore ad una memoria collettiva che altrimenti rischia di rimanere nell’oblio”.