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Stella Moris, la signora Assange: “La salute di Julian sta peggiorando”

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“Lo stato di salute di Julian sta peggiorando: è affetto da depressione, ha avuto un ictus a ottobre. Ma lotta ogni giorno”. Stella Moris descrive le condizioni fisiche e psicologiche del marito e fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, che dall’11 aprile 2019 è detenuto nel carcere londinese di massima sicurezza di Belmarsh. Moris è intervenuta ieri in occasione del Festival del giornalismo di Perugia collegandosi da remoto al panel “Assange e WikiLeaks: processo alla libertà di informazione” tenuto da Stefania Maurizi, giornalista, e Joseph Farrell, portavoce di WikiLeaks.

Assange, che nel 2010 pubblicò documenti riservati contenenti anche informazioni su crimini di guerra commessi dalle forze americane in Iraq e Afghanistan, attende ora la probabile estradizione negli Stati Uniti. Il 20 aprile un tribunale di Londra emetterà infatti l’ordine di estradizione del giornalista australiano verso gli Usa. L’estradizione negli Stati Uniti sottoporrebbe Assange al rischio di scontare 175 anni di carcere, essendo imputato per vari reati, tra cui lo spionaggio perseguibile secondo l’Espionage Act. A comunicare la notizia è stato WikiLeaks attraverso il proprio profilo Twitter, sottolineando anche che la decisione finale spetterà alla ministra degli Interni britannica, Priti Patel.

Nella Guantanamo britannica (così è soprannominato il carcere di Belmarsh) si trovano alcuni dei criminali più pericolosi della Gran Bretagna, come Richard Huckle, condannato per lo stupro di 71 bambini, Charles Salvador, definito “il più violento detenuto britannico vivente”, e Steve Wright, lo squartatore di Ipswich. “La sua articolarità e capacità di muoversi sono diminuite. In carcere è circondato da persone molto pericolose. Per lui è una lotta quotidiana, ma cerca di raccogliere tutte le forze per far fronte ai prossimi mesi che saranno decisivi per decidere il suo destino”, afferma Moris.

Assange è stato arrestato nel 2010 in Gran Bretagna e da quel momento “non ha più camminato da uomo libero”, dice la giornalista Maurizi. “La sua colpa? Quella di pubblicare informazioni che ci hanno permesso di scoprire terribili crimini di guerra, così come altri giornalisti. Nessuno però ha mai subìto ciò che ha subìto lui”, sottolinea.

Stella Moris, moglie di Julian Assange, interviene al panel “Assange e WikiLeaks: processo alla libertà di informazione” al Festival del giornalismo di Perugia

Durante l’incontro, Maurizi ha ricostruito il caso WikiLeaks, partendo dalla pubblicazione di documenti riservati sul sito, con lo scopo di metere in luce i comportamenti non etici di governi e aziende. “Alcune notizie non uscivano sui giornali – dice l’ambassador di WikiLeaks, Joseph Farrell – e così abbiamo esposto i diari di guerra di Iraq, Iran che mostravano il vero costo della guerra, il numero delle vittime civile che non era mai stato reso noto”.

I segreti rivelati da WikiLeaks con la pubblicazione di cabli e documenti confidenziali “non hanno nulla a che fare con la protezione dei cittadini: sono segreti sporchi che, certamente, non tutelano le persone comuni, ma proteggono la criminalità di stato e garantiscono l’impunità alle istituzioni che commettono reati”, spiega Maurizi.

Il trattamento subìto da Assange “è stato terribile – continua – e soprattutto è un trattamento che ci si aspetta di trovare in un regime autoritario, non in un paese democratico”. Coinvolte nel caso sono state tutte le persone vicine al giornalista australiano: la moglie Stella, gli amici, i colleghi, gli avvocati e anche i due figli piccoli. “Noi non sapevamo quello che stavano facendo al nostro primo figlio Gabriel – racconta la moglie –. Dei whistleblower facevano spionaggio ricevendo istruzioni dall’alto. Avevano ottenuto a nostra insaputa il Dna di Gabriel, che all’epoca aveva circa sei mesi, rubandogli il pannolino e sottoponendolo a un’accurata analisi. La Cia pianificava una serie di attacchi nei confronti di Julian e WikiLeaks. Tutte le attività commesse contro di noi sono attività criminali che violano la privacy delle persone”. Stella Moris continua: “Viviamo in una realtà che vede le cose all’inverso: paradossalmente, i criminali sono coloro che possono perseguire illegalmente un giornalista e le persone che ruotano attorno a lui”.

Secondo Moris, “il caso di Julian è l’emblema della deriva intrapresa dagli Usa di processare per spionaggio chi pubblica informazioni”. Pretendere che gli stati, in questo caso il Regno Unito, estradino persone che hanno diffuso informazioni riservate di interesse pubblico rappresenta “un pericoloso precedente che deve essere respinto”, dichiara.

Oltre alle questioni giudiziarie, però, ci sono anche quelle personali e familiari. Di fronte alla possibilità dell’estradizione, come si può spiegare a due bambini piccoli che potrebbero non rivedere più il padre? “Non glielo spiego – afferma Moris – perché sono determinata a lottare per la libertà. È un caso terrificante, terribile, fuori dalla norma. Se la legge funzionasse come dovrebbe, l’estradizione non verrebbe fatta. È importante sottolineare che ciò che sta accadendo a Julian corrompe la situazione di tutti gli altri giornalisti”.

Al centro del caso Assange non c’è solo il mondo del giornalismo e dell’informazione, ma anche il pubblico. “Non è solo una questione di diritti degli editori – conclude Stefania Maurizi –, ma anche di diritti dei cittadini. La popolazione deve sapere ciò che il governo e le istituzioni fanno alle sue spalle. Per essere in grado di interagire e partecipare dobbiamo poter avere accesso anche alle informazioni segrete. Perché la segretezza non protegge i cittadini, ma garantisce la libertà e l’impunità dei criminali”. Il caso di Julian Assange, conclude Maurizi, “riguarda il diritto di tutti di essere informati”.

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