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Guerra e sport: “Gli atleti sono il volto dell’Ucraina”

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Dall’inizio della guerra a oggi sono stati 340 gli atleti che hanno perso la vita in Ucraina. Dei sopravvissuti, non tutti decidono di restare nel Paese o di rappresentarlo nelle competizioni internazionali. Sono molti, infatti, quelli che scelgono di gareggiare per la nazione che li sta ospitando, per interesse sportivo o perché vogliono continuare lì la propria vita.
Ne abbiamo parlato con Irena Bous, membro della Federazione mondiale di danza come giudice di gara e dell’Ukrainian dance board. A L’viv Irena gestisce poi il centro MedPsy attivo alla stazione ferroviaria per fornire supporto medico e psicologico ai tanti profughi interni provenienti dai territori orientali, dove il conflitto imperversa dal febbraio del 2022.

Che ripercussioni ha avuto la guerra sul mondo dello sport?

“Entrambe le organizzazioni di cui faccio parte, all’inizio della guerra, hanno sostenuto l’Ucraina e non hanno permesso a ballerini russi e bielorussi di partecipare alle loro competizioni ufficiali: questo ha dato un impulso significativo ai ballerini ucraini. A partire da maggio 2022 abbiamo ripreso gli allenamenti e preso parte a competizioni e tornei internazionali. I ballerini, però, non possono allenarsi normalmente perché le sirene degli allarmi antiaerei suonano ancora e tutti corrono rapidamente a nascondersi nei rifugi. Molti hanno lasciato il Paese con le proprie famiglie e rappresentano ancora l’Ucraina nei campionati europei, mondiali o internazionali. Altri invece hanno scelto di rappresentare un altro Paese perché vedono lì il loro futuro. Sono pochi, ma ci sono. Anche molti allenatori hanno deciso di trasferirsi in altri territori: questo è un problema perché in alcune discipline ci stiamo indebolendo dal momento che i nostri tecnici vanno ad alzare il livello di questa disciplina in altri Paesi, a volte nostri diretti concorrenti”.

Puoi raccontare qualche esperienza o storia legata al conflitto in Ucraina che ti ha colpito da giudice internazionale?

“Ricordo bene la mia prima esperienza dallo scoppio della guerra: ero a Varsavia, il 19 marzo 2022, per una competizione tra ballerini polacchi. È stato molto emozionante quando è partito l’inno nazionale ucraino in segno di supporto al nostro paese: in quel momento i nostri bambini vivevano nei seminterrati o nei rifugi costantemente sotto le bombe, le lacrime sono scese immediatamente. È stata un’emozione molto forte, sono riuscita a riprendermi solo dopo mezz’ora.
Un altro aneddoto riguarda una competizione internazionale a Francoforte, nel maggio del 2022. Noi giudici alloggiavamo in un hotel proprio di fronte all’aeroporto: ricordo che stavo facendo colazione in terrazza quando ho visto gli aerei decollare e atterrare ripetutamente. Ogni volta che sentivo il loro rumore quasi mi tuffavo sotto il tavolo. A un certo punto, mi sono alzata e ho fatto un video a questi aerei, ripetendomi di non aver paura perché erano pacifici”.

Ci sono state poi altre forme di supporto alla causa ucraina.

“Esatto, nel settembre dello scorso anno, la mamma di una ballerina svedese ha avviato una raccolta fondi destinata alla nazionale di disco dance ucraina: con quei soldi siamo riusciti ad assicurare il volo fino a Stoccolma a 36 dei nostri giovani allievi impegnati lì in una competizione. Quest’anno, invece, i nostri ragazzi sono volati in Svezia a proprie spese, senza che ricevessimo alcun aiuto. Nel 2022 ci hanno sostenuto anche l’Organizzazione di Danza norvegese e quella di Danzica, in Polonia, ma anche da parte loro quest’anno niente”.

Durante il nostro soggiorno a L’viv abbiamo visitato il centro per i rifugiati del Politecnico. All’ingresso abbiamo notato le fotografie degli studenti che hanno partecipato alle Olimpiadi: quale valore ha lo sport per il popolo ucraino?

“Parto da un episodio accaduto nel 1990, quando ero a Singapore per la riunione annuale della Federazione mondiale. Il tassista che mi ha accompagnato all’hotel non aveva idea di cosa fosse l’Ucraina: ho provato a spiegargli dove si trovasse sulla cartina, ma solo dopo aver nominato la Dinamo Kyiv e Shevchenko ha capito di cosa stessi parlando. Gli atleti sono il volto di un Paese, siamo orgogliosi di ciascuno di loro e facciamo sì che tutti gli ucraini sappiano dei loro risultati”.

Bacheca degli studenti del Politecnico di L’viv che si sono distinti per meriti sportivi – Foto di Simone Matteis

Questa estate si è parlato molto del gesto della schermitrice ucraina Olga Kharlan che, dopo la vittoria, ha rifiutato di stringere la mano alla sua avversaria russa, Anna Smirnova. 

“Ne sono molto orgogliosa, così come lo è l’intera nazione ucraina. Io credo che gli atleti russi e bielorussi debbano essere riammessi alle competizioni solo dopo che la guerra sarà finita e la Russia avrà risarcito il nostro Paese. A tal proposito, lo scorso giugno la Federazione mondiale ha deciso di permettere ai professionisti russi e bielorussi di gareggiare sotto una bandiera neutrale. Una decisione sostenuta dal direttore sportivo federale originario della Serbia, che ha richiamato il regolamento del Comitato olimpico internazionale. Per questo motivo per me è stato molto difficile svolgere il mio lavoro al Campionato Open Tedesco di agosto: ho deciso di non parlare più con i colleghi che hanno votato a favore di questa decisione, anche se con alcuni ci conosciamo da oltre 30 anni”.

Eppure, a oltre un anno e mezzo dallo scoppio del conflitto, la comunità internazionale continua a supportare la causa ucraina.

“È vero, però il mondo è stanco della guerra e delle crisi economiche legate a essa. Allo stesso modo, per noi le sirene continuano a suonare quasi ogni giorno e le persone innocenti non smettono di morire. Ecco perché siamo grati a chi ancora aiuta e supporta l’Ucraina e a quei Paesi che comprendono il suo ruolo nel garantire la coesistenza pacifica tra le nazioni e la sopravvivenza del mondo democratico”.

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