Droni per controllare gli spostamenti nell’emergenza, intervista al giurista che studia la protezione dei dati personali

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Rafforzare i controlli nell’interesse pubblico, ma senza compromettere la tutela dei dati personali. Le misure per il contenimento della diffusione dei contagi da Coronavirus riducono inevitabilmente la libertà dei cittadini, il rispetto dei diritti fondamentali deve però restare un punto di riferimento fisso. Trovare un equilibrio non è semplice e lo dimostra un provvedimento di pochi giorni fa dell’Ente Nazionale Aviazione Civile (Enac) che allarga le possibilità di impiego dei droni per il monitoraggio degli spostamenti dei cittadini da parte della polizia locale. Ce ne parla l’avvocato Giovanni Battista Gallus, data protection officer (studioso di sicurezza e protezione dei dati personali) che si occupa da tempo di profili giuridici dei droni, autore di questo articolo dettagliato.

Quali sono le principali aperture che sono state fatte?
L’impiego dei droni da parte della polizia locale ha sempre scontato tutti i limiti di utilizzo previsti per i privati. Gli operatori di sistemi aeromobili a pilotaggio remoto hanno obblighi di registrazione e di identificazione, come stabilito dal Regolamento che disciplina l’utilizzo ordinario dei droni, anche per quelli sotto i 300 grammi di peso o sotto i due chili ma certificati “inoffensivi”. La recente nota dell’Ente Nazionale Aviazione Civile sancisce una deroga: per le attività di monitoraggio degli spostamenti dei cittadini non sono necessarie autorizzazioni per i droni fino ai 25 chilogrammi, nemmeno nelle operazioni critiche.

Che cosa s’intende con “operazioni critiche”?
Tutte quelle operazioni che prevedono il sorvolo di aree congestionate, agglomerati urbani, infrastrutture sensibili. I droni potranno volare anche nelle “aree rosse” nelle vicinanze degli aeroporti, ma fino a una quota di 15 metri e dando comunicazione alla torre di controllo. Rispetto agli utilizzi ordinari si tratta di un ampliamento rilevante.

Per svolgere questi voli di controllo è sempre richiesto un attestato di pilota?
Sì è sempre necessario, anche per le operazioni non critiche. Per i soli droni sotto i 300 grammi, fino al 1° marzo scorso, non occorreva un attestato di pilota. Ora invece è necessario per tutti. Il drone deve poi essere assicurato e il data link che lo collega alla stazione radio base deve essere protetto da possibili interferenze. Le deroghe concesse sono importanti, ma non è un “liberi tutti”.

L’impiego di questi strumenti può dare risposte efficaci per verificare il rispetto delle norme a tutela della salute pubblica?
È possibile monitorare aree vaste molto più velocemente con costi ragionevoli. Pensiamo di dover controllare un lungo viale cittadino: con un drone lo si può sorvolare senza impiego di pattuglie e in caso di situazioni critiche ci si può avvicinare. Non è comunque possibile fare il monitoraggio di tutta la città senza autorizzazioni. Una norma espressamente indicata è che l’operatore deve mantenere il drone nella propria visuale.

Questa apertura quali rischi comporta per la privacy?
Stiamo vivendo un momento particolare. L’articolo 14 del Decreto-legge 14/2020 semplifica molto il trattamento dei dati personali per motivi di interesse pubblico, ma dice che bisogna rispettare i principi del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali. Penso che sia corretto sostenere che il monitoraggio della polizia locale rientri nelle condotte contemplate in questo articolo. Nel caso della sorveglianza dall’alto i rischi maggiori riguardano la tutela del privato domicilio: le case private non possono essere riprese senza che ci sia una ragione specifica. Per monitorare poi non è detto che sia utile registrare continuamente. La questione va valutata e le stesse attenzioni ci vogliono sia per la gestione dei supporti su cui le immagini vengono salvate sia per il tempo di conservazione delle registrazioni.

Quali principi della protezione dei dati personali non devono mai venire meno neanche in una situazione di emergenza?
Liceità e trasparenza in primo luogo. Questi monitoraggi devono avvenire avvisando i cittadini potenzialmente coinvolti. Il Decreto-legge del 25 marzo poi ha stabilito la sanzione amministrativa pecuniaria per chi viola le misure di contenimento. Ciò significa che non si applica la disciplina dei reati e che vigono il rispetto del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali e l’obbligo di informativa come avviene, ad esempio, per verificare il rispetto del codice della strada. In questo caso non è logico pensare che si mettano i cartelli, ma dei comunicati che informino la cittadinanza sì.

LUCA PARENA