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Soundtrack to a Coup d’Etat, la decolonizzazione a ritmo di jazz

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Sala piena e applausi durante i titoli di coda. Soundtrack to a Coup d’Etat, documentario del regista belga Johan Grimonprez, era fra i titoli più attesi dell’undicesima edizione del Seeyousound festival. Candidato agli Oscar, il film mette in scena l’incontro fra jazz e geopolitica durante la guerra fredda.

“Quest’opera riunisce storia, musica e politica: non è per uno spettatore passivo, ma ci sfida a interrogarci su passato e presente”, dice Juanita Apráez Murillo, la curatrice della sezione “rising sound – music is the weapon”, poco prima della proiezione organizzata in collaborazione con Black History Month Torino. “Non è stato facile ottenere di mostrarlo al festival, trattandosi di un film candidato agli Oscar – commenta Apráez Murillo – ma doveva essere qui. Quando l’ho visto per la prima volta, a maggio, sono rimasta folgorata. In undici anni di Seeyousound festival, è la mia opera preferita”.

La coda all’ingresso del cinema Massimo

Al cinema Massimo, più di 600 persone sono state trasportate nel 1960. La Voice of America Jazz Hour trasmette artisti come Louis Armstrong, Nina Simone e Dizzy Gillespie. Nel frattempo, il continente africano è attraversato da un’ondata di movimenti di decolonizzazione. Grimonprez ripercorre l’ascesa di Patrice Lumumba da leader indipendentista a primo ministro del Congo e delinea le cospirazioni dietro la sua morte.

Il documentario è il risultato di un meticoloso lavoro d’archivio, con estratti da “Il mio paese, l’Africa” di Andrée Blouin, “Congo Inc.” di In Koli Jean Bofane, “To Katanga and Back” di Conor Cruise O’Brien e le memorie audio di Nikita Sergeevič Chruščëv. Voci e immagini si intrecciano con un ritmo vorticoso. La narrazione si apre con il 1961, sei mesi dopo l’ammissione all’Onu di sedici Paesi africani appena indipendenti. Il leader sovietico Chruščëv sbatte le scarpe in segno di indignazione per la complicità delle Nazioni Unite nel rovesciamento di Lumumba. Il dipartimento di Stato americano invia l’ambasciatore del jazz Louis Armstrong in Congo per distogliere l’attenzione dal colpo di stato sostenuto dalla Cia. Il pubblico segue la vicenda e viene trascinato negli anni dell’indipendenza del Congo dal Belgio. Il finale è già stato anticipato e la narrazione ripercorre tutti gli eventi che hanno portato alle scene che hanno aperto il film.

Soundtrack to a Coup d’Etat vuole gettare una nuova luce su alcuni personaggi storici. Andrée Blouin è centrale per questo racconto. Attivista e oratrice di talento, ha avuto un ruolo chiave nel nascente movimento panafricano. In Congo assiste la campagna elettorale del Mouvement National Congolais di Patrice Lumumba e dà via a un grande movimento femminile di emancipazione. Il documentario mostra come i servizi segreti belgi abbiano cercato di neutralizzarne l’influenza, dipingendola come una comunista, la cortigiana dei leader politici o come un’astuta femme fatale. Quando la vittoria di Lumumba diventa evidente, Blouin è espulsa dal Paese, alcuni giorni prima dell’indipendenza. Prima di imbarcarsi sull’aereo, nasconde un documento segreto nello chignon. All’arrivo in Europa può così dimostrare che il diritto di formare il governo spetta a Lumumba e non a Joseph Kasa Vubu, il candidato favorito dal Belgio.

Anche il presidente sovietico Chruščëv emerge con un ritratto diverso dal solito. “Il momento in cui sbatte la scarpa sul tavolo dell’Assemblea generale dell’Onu è sempre presentato come la prova che era un clown brutale, un cattivo – spiega il regista – Io, tuttavia, sono arrivato a vedere questo gesto come un’espressione performativa della sua indignazione per come gli Stati Uniti avevano corrotto la politica dell’Onu in Congo”.

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