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Sordità e lockdown: la psicologa sorda Valentina Foa aiuta chi fatica di più a comunicare

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“La difficoltà maggiore che i pazienti sordi hanno in questo periodo è quella di sempre: comunicare”. Il problema più grande è la comunicazione. Lo scrive e lo ripete più volte nel corso della nostra conversazione  su Skype Valentina Foa, psicologa, ricercatrice e consulente in sessuologia sorda fin dalla nascita. Nel suo studio di Alba, in provincia di Cuneo, da sedici anni offre supporto psicologico anche a persone non udenti. O meglio sorde, come mi corregge subito lei all’inizio dell’intervista. “Non udenti è un’accezione non sbagliata, ma meno identitaria” spiega. In questo periodo, per l’emergenza Coronavirus, ha deciso di attivare un servizio gratuito di supporto psicologico. “I miei pazienti in queste settimane sono aumentati in maniera considerevole” racconta. Quella tra me e Valentina non è di certo una conversazione semplice, ma lei ha molta esperienza nel leggere il labiale. Ed è bravissima, anche attraverso lo schermo di un computer. 

Quali difficoltà stanno riscontrando le persone sorde nel vivere questa fase di isolamento? 

Al contrario di quanto temevo all’inizio dell’epidemia, la loro maggiore difficoltà è quella comunicativa, ma è un problema che esisteva già prima, quando tutto era “normale”. Ora forse lo notano di più e diventa per loro una maggiore fonte di stress. Le persone sorde non sanno a chi chiedere aiuto se stanno male. Quando vogliono contattare qualcuno si trovano di fronte soltanto a numeri di telefono fisso, numeri verdi o centralini, dove spesso nessuno è in grado di rispondere alle loro esigenze. Allora quando chiedono il mio aiuto mi dicono: “Perché a noi non pensano?”. La paura maggiore, che è quella che ho anche io, è proprio quella di non riuscire a farsi capire.  

Quali sono le barriere comunicative che non vi permettono di comprendere e di farvi comprendere?

Nella vita quotidiana sono tante e sono comuni anche a me, che sono sorda prima che psicologa. Una è l’accessibilità alle informazioni. Non da subito i discorsi istituzionali mandati in onda sui canali primari della televisione avevano la traduzione dell’interprete nella Lingua dei segni (Lis). Un altro fattore che comporta numerosi problemi è la selezione delle informazioni. Molte persone sorde infatti hanno difficoltà nella lettura. Non tutti gli articoli vengono tradotti in Lis e in ogni caso, anche se tradotti, spesso vige il libero arbitrio degli interpreti che non sempre rispettano il significato della parole. Tante persone così rischiano di non attenersi alle informazioni corrette e scientifiche e di diventare sempre più confuse. Sono molti quelli che si rivolgono a me e mi fanno domande come: “Ho un padre udente anziano, ma non capisco se con l’autocertificazione posso uscire per portargli del cibo”. O ancora mi chiedono se possono correre rischi nel portare avanti una vita sessuale in questo momento.

Ha notato differenze tra i suoi pazienti udenti e sordi nel reagire all’emergenza e all’isolamento?

A grandi linee non ho rilevato molte differenze a livello terapeutico. In ogni caso quando si parla di persone sorde è giusto ribadire che ci sono profonde diversità tra di loro, che consistono nel livello di recupero uditivo, di uso o meno della Lis, di possibilità e capacità di aggregazione. In generale, nel caso dei pazienti sordi, emerge sempre quello stato di ansia, di stress, che è dovuto alla carenza o alla confusione delle informazioni, all’isolamento comunicativo. Poi le situazioni gravi di ansia e attacchi di panico in questo periodo si verificano sia nei pazienti sordi che in quelli udenti. A volte succede che alcuni di loro scambi queste reazioni psicologiche per sintomi di polmonite, ma questo accade in entrambi i tipi di pazienti. Una cosa che invece ho notato è una maggiore difficolta nella gestione dei rapporti familiari soprattutto per i nuclei composti da udenti e sordi, oppure non udenti che però non sanno utilizzare la Lis. Poi da rimarcare anche un particolare stress negli adolescenti sordi, che deriva dalla loro difficoltà a seguire le lezioni scolastiche.

Stati d’animo che nascono dall’accessibilità limitata alle lezioni sulle piattaforme digitali?

Sì, assolutamente. Per questi ragazzi è complicato accedere ai corsi a distanza. Non ci sono traduttori e leggere il labiale attraverso uno schermo è molto difficile. Così si sentono ulteriormente emarginati. Per una persona non udente è già molto complesso seguire una lezione frontale in classe. Farlo a distanza separati da uno schermo è pressoché impossibile.  So che c’è anche stata anche una protesta da parte di una ragazza sorda su Fanpage.it, perché insegnanti di sostegno e assistenti alla comunicazione, almeno all’inizio, non erano attivamente coinvolti nella didattica a distanza.

Mi ha detto prima che ha notato una difficoltà di gestione all’interno di nuclei familiari compositi. Come stanno cambiando in questo periodo le relazioni in famiglia?

Non sono in grado di dirlo con certezza, perché non ho ancora abbastanza dati. In generale noto che c’è maggiore stress anche tra le persone che prima stavano bene e che avevano un rapporto equilibrato. Questo proprio a causa delle abitudini che sono cambiate, della convivenza forzata. Ciò che consiglio io ai miei pazienti è di puntare sui canali online. Per sfogarsi da soli, per intrattenersi con gli amici e con i conoscenti, persone estranee al nucleo familiare. C’è bisogno di imparare a ritrovare ognuno il proprio spazio e obiettivamente può diventare molto difficile farlo quando quello disponibile è poco. 

Che cosa pensa del messaggio “andrà tutto bene” diffuso in questo periodo? 

È una bella frase che però a lungo andare genera ulteriore illusione. Oltretutto sembra quasi una forzatura, un’imposizione: “non devi assolutamente disperarti. Devi continuare a vedere il sole”. È come se si volessero negare quelle sensazioni negative che, invece, ci aiutano a riflettere un po’ di più. Se si vuole piangere bisogna sentirsi liberi di farlo. Quella frase mi fa venire in mente Il Candido di Voltaire.

NADIA BOFFA

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