La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Serravallet. Collaborazione, valori e innovazioni. Rapporto di un territorio e un outlet.

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Il luogo più visitato d’Italia è un sito archeologico di età romana. Si chiama Colosseo e ogni anno accoglie circa sette milioni di turisti. Il secondo luogo più visitato d’Italia si trova in Piemonte. E’ un insieme di edifici in prefabbricato costruiti dal 2000 dal gruppo McArthurGlen e all’interno ci sono negozi di Prada, Armani e Bulgari. Si chiama Outlet di Serravalle Scrivia e ogni giorno arrivano pullman da Malpensa carichi di turisti russi, arabi e cinesi. A fine 2018 i visitatori erano oltre cinque milioni. Cinque milioni. Più della popolazione dell’intero Piemonte, fermo a poco più di quattro.

Quando gli inglesi decisero di costruire il loro outlet, non scelsero Serravalle a caso. Il comune si trova a 55 chilometri da Genova, 130 da Torino e 95 da Milano, nell’ortocentro del triangolo che fino a qualche decennio fa era il distretto più industrializzato d’Europa. Già, qualche decennio fa. I tempi ora sono cambiati. Se la globalizzazione ha però spostato o messo in grave crisi industrie metallurgiche o eccellenze del made in Italy come la Borsalino,a pagare un prezzo ancor più caro sono state le piccole e medie imprese e le attività artigianali. Secondo dati della Camera di Commercio, nel 2017 hanno chiuso novemila attività nella sola regione piemontese. A soffrire maggiormente dalla crisi, poi, è stata proprio la provincia di Alessandria, dove il saldo tra aziende aperte e chiuse ha avuto segno negativo (-2,14%). In aggiunta, all’interno della provincia cresceva anno dopo anno una realtà straniera che se da un lato aumentava le assunzioni e costruiva un piccolo indotto, dall’altro poteva fagocitare le risorse migliori e adombrare terre di storia e cultura millenaria.

Esatto, perché se il luogo più visitato d’Italia è un antico anfiteatro, uno dei siti romani più importanti del nord d’Italia si trova a tre minuti di auto dall’Outlet, ed è il sito di Libarna. In aggiunta, all’interno del sito scorrono due binari ferroviari, quello della Torino Genova e quello della Genova Milano. Non facili come premesse. Negli ultimi anni, poi, la crisi non accennava a scemare. Ma noi italiani, si sa, siamo un popolo con inventiva, e i piemontesi, poi, sono abbastanza restii a farsi soggiogare dal primo straniero arrivato. Ne sanno qualcosa Annibale, prima, e i francesi, qualche secolo più avanti.
Così, con il tempo, la provincia e il tessuto cittadino si stanno riorganizzando per trovare modalità nuove per reinventarsi.“In tre anni abbiamo già fatto molto – dice Antonio Santopietro, responsabile di Libarna Arteventi, l’associazione che si occupa della comunicazione del sito archeologico – Ospitiamo tappe importanti di Attraverso, un festival che riunisce ventuno comuni di Langhe, Monferrato e Roero”. L’anno scorso ha riempito il teatro e l’anfiteatro Neri Marcorè.“Fino a poco tempo fa le persone non conoscevano Libarna, – ha commentato Simone Lerma, il responsabile della zona per la Soprintendenza delle Belle Arti – ma nell’ultimo periodo il sito è più vivo e iniziano ad arrivare turisti anche dall’outlet”.

L’Outlet. E’ possibile sfruttare un gigante da sessantamila metri quadrati, duecentocinquanta negozi e duemila addetti? “Non è facile attrarre le persone che vengono all’outlet – dice l’assessora al turismo di Serravalle Scrivia Marina Carrega – Ai russi e ai cinesi interessa di più lo shopping che la cultura”.
Vero. Ma un matematico siracusano una volta disse: “Datemi una leva e solleverò il mondo”. Per quanto difficile possa essere, con l’ingegno si possono ottenere risultati inaspettati, anche se con forze incredibilmente minori, questo un po’ il pensiero. Archimede, però, non aveva mai avuto a che fare con uomini d’affari oltre la manica.

immagine dalla pagina facebook di thinkserravalle

“Non è stato facile iniziare, ma ogni giorno siamo a contatto con le persone. Ci parliamo, le osserviamo, cerchiamo di capire chi sono, cosa desiderano”. Non è il guru di una start up californiana, ma Massimo Merlano, presidente Ascom – Confcommercio di Novi Ligure. Appena oltrepassato il ponte pedonale che conduce alla nuova area dell’outlet c’è un negozio diverso da quelli che si sono appena incrociati. Non ha pareti bianche e vestiti in vetrina. Fuori c’è una lavagnetta con nomi di piatti, ma non ci sono né hamburger nè toast avocado e salmone. Agnolotti, salumi, tanto Gavi. Si tratta del temporary store LeDolciTerre, nato in collaborazione con il Consorzio Turistico Terre di Fausto Coppi. “Abbiamo da poco fondato il progetto ThinkSerravalle. – continua Merlano – Riunisce albergatori, ristoratori, piccoli produttori. Tutti della zona. Poi c’è il Forte di Bard e le Terre di Fausto Coppi, ma non solo”. LeDolciTerre ha i tavoli in legno e i tovaglioli a quadri e i barattoli di miele e marmellata nelle credenze. Sembra di stare in casa. “E’ questo lo spirito. – Spiega Merlano – Questo luogo aggrega tutti i cinquanta produttori, è un’enorme vetrina. Ma l’esperienza non finisce qui”. Già, perché ogni anni dal ristorante, aperto nel maggio del 2015, ci passano più di 330mila persone. “La maggior parte sono turisti che non sono mai sttai in Italia, o in Piemonte. Utilizzando i prodotti come ambasciatori, li tentiamo a scoprire il territorio”. E così, russi e cinesi e americani e arabi si privano di qualche ora di shopping per una passeggiata in bicicletta sulle colline del Gavi, o per un corso di cucina sugli amaretti, o per Libarna.

E l’outlet, in tutto questo, non ha paura di perdere fatturato?  “Di recente hanno sentito l’esigenza di inglobare l’outlet in un progetto più ampio – commenta Antonio Santopietro – Hanno notato come ai turisti non basti solo l’outlet, almeno dalla seconda visita in poi. Stanno pensando a pacchetti turistici allargati. I visitatori non devono avere la sensazione di essere in un non-luogo, ma l’outlet deve avere una forte identità locale”.

I segnali, da questo punto di vista, sembrano incoraggianti.
In un territorio industrialmente ed economicamente depresso, si stanno riscoprendo metodologie antiche, e ricette secolari. Non solo agnolotti, però. Siamo di fronte a comuni, ristoratori, artigiani, politici, un’intera macchina si sta muovendo e sta valorizzando un patrimonio che rischiava di essere smarrito. Le difficoltà e i passi da fare sono ancora molti, ma quello che è certo è che con la collaborazione e un po’ di ingegno creatività si può fare molto. D’altra parte, se duemila anni fa abbiamo costruito ponti e strade e teatri e anfiteatri proprio su queste terre, un caso non sarà.

 

MARCO ZAVANESE