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Sicurezza sul lavoro, sindacati uniti per fermare le morti bianche

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L’ultimo, in ordine di tempo, si chiama Naim Macak.  Quarantatré anni dalla Bosnia, lavorava nella Gammastamp, un’azienda specializzata in finiture di metallo di Bianzé a una trentina di chilometri a ovest di Vercelli. Naim è morto schiacciato da un macchinario nel pomeriggio del 4 dicembre, a poche ore dal decennale dell’incendio alla Thyssen di Torino dove morirono 7 operai investiti da un getto di olio bollente.

“Naim era solo, è morto anche perché non c’era nessuno ad intervenire”, così Ivan Terranova, segretario generale Fiom Cgil Vercelli e Valsesia. Lui, che ha lavorato per più di dieci anni in quella fabbrica dove Niam ha perso la vita, fatica a trovare una spiegazione all’accaduto: “Non si può capire quello che succede. Di certo c’è che la crisi ha colpito anche la sicurezza nelle aziende”. Meno soldi, meno prevenzione e sicurezza, più infortuni. Lo conferma anche l’Inail, i cui dati sugli incidenti sul lavoro hanno fotografato la situazione dei primi nove mesi del 2017. A fine settembre le denunce erano state 471.518, 594 in più dello stesso periodo del 2016, e le morti 769, 16 in più della rilevazione precedente.

“Sul lavoro si continua a morire”, denunciano i sindacati. E in Piemonte più che da altre parti: il 23,8% delle morti sul lavoro si è registrato nelle regioni del nord-ovest. Proprio per cercare di contrastare questo fenomeno, le sezioni regionali di Cgil, Cisl e Uil hanno stilato un documento congiunto, da portare all’assemblea nazionale in programma a Mestre il prossimo gennaio, sul tema di sicurezza e salute. L’accusa è chiara: manca una strategia unitaria di prevenzione. Per questa ragione, i sindacati intendono condividere l’obiettivo con sei attori, dalla Regione all’Asl, passando per Spresal (Servizio Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro), Inail, Arpa e medici di famiglia.

Secondo il segretario confederale Cgil Franco Martini “è grave e impressionante che il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro ancora non sia percepito come prioritario” e che dieci anni dopo la Thyssen “quella immane tragedia avvenuta in nome del profitto non abbia radicalmente segnato le coscienze e l’operato quotidiano nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria”.  La legge prevede 8 ore di formazione (4 generiche e altrettante specializzate per tipo di lavoro in una azienda a rischio basso), più eventuali altre 4 per le aziende a rischio medio e 4 ulteriori per quelle a rischio alto.

MARCO GRITTI

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