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Sicurezza dei giornalisti: le donne sono più esposte dei colleghi uomini

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”Purtroppo oggi la sfera pubblica sta diventando sempre più polarizzata e sì, pericolosa per i giornalisti e i difensori dei diritti umani” così Renate Schroeder, direttrice della European Federation of Journalists, durante l’incontro “Strumenti e linee guida per la sicurezza dei giornalisti e il monitoraggio della violenza online contro le giornaliste”, al Festival internazionale del gironalismo.

Negli ultimi anni sono state osservate sempre con più frequenza problematiche in relazione alla libertà dei media e alla sicurezza dei giornalisti soggetti a violenza, censure e intimidazioni. Non solo dal punto di vista fisico, la sicurezza dei giornalisti è in pericolo anche per aspetti legali, digitali o per la mutabilità delle prospettive internazionali. ”Il pericolo è il mio mestiere, farsi del male no” scriveva anche il comico Corrado Guzzanti: da questo sentimento condiviso su tutti i piani della società nascono strumenti come Safety of Journalists Toolbox o Guidelines for monitoring online violence against female journalists, risorse fornite dall’Office of the OSCE Representative on Freedom.

”L’ultimo rapporto dei partner della piattaforma del Consiglio d’Europa sulla sicurezza del giornalismo, intitolato Press Freedom in Europe, Time to turn the Tide, si basa su tutte le segnalazioni che sono state registrate sulla piattaforma nel corso del 2023 da organizzazioni giornalistiche, tra cui l’EFJ. Purtroppo – continua Schroeder – c’è stata una tendenza al ribasso per quanto riguarda le risposte di chi dovrebbe intervenire. ”

Accade sempre più spesso che i giornalisti siano convocati o perquisiti dalle agenzie di sicurezza dello Stato, detenuti e arrestati con l’accusa di terrorismo o estremismo e tutto ciò non accade solo in zone di guerra o sensibili, succede anche in Europa occidentale, come in Francia o in Finlandia. Attualmente a preoccupare è anche l’uso illegale senza precedenti di spyware contro giornalisti di tutto il mondo. Emerge da qui la necessità di proteggere meglio i giornalisti. Secondo gli ultimi dati, lo scorso anno la principale fonte di attacchi è stata, con circa il 33% dei casi, quella costituita dai privati. Seguono i funzionari pubblici con il 18% e la polizia e la sicurezza dello Stato con il 12,6%. Il 17% degli incidenti ha riguardato casi di attacchi alla proprietà, il 16% la censura.

Un ulteriore punto di vista molto particolareggiato riguarda le violenze subite dalle giornaliste. “Le giornaliste tendono ad affrontare minacce online maggiori rispetto agli uomini e i tipi di minacce che affrontano non sono solo aumentate di volume, ma sono anche eccezionalmente sessualizzate” dice Julie Posetti, ricercatrice dell’International Center for Journalists (ICFJ). Secondo una recente ricerca dell’ICFJ in collaborazione con l’Università di Sheffield e altri team di tutto il mondo, esiste una correlazione tra la violenza online e la violenza offline. ”L’online danneggia – sottoliena Posetti – e come hanno dimostrato anche le molte giornaliste che abbiamo studiato, questo ambiente favorevole è facilitato dalle grandi aziende tecnologiche. Anche semplicemente non permettendoci di essere in grado di analizzare in tempo reale ciò che sta accadendo, limitando il nostro accesso ai dati”.

Schroeder lancia un messaggio che è più un monito per la salvaguardia del giornalismo e dei giornalisti: ”Abbiamo bisogno di molta più volontà politica, ma abbiamo anche bisogno di coraggio civico. Abbiamo bisogno del sostegno di tutte le organizzazioni della società civile e del riconoscimento che il giornalismo è un bene pubblico.

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