“Le allerte alimentari minano la fiducia del consumatore. Il cibo italiano è un patrimonio prezioso, dobbiamo far in modo che ne venga percepita la qualità, la sicurezza e l’autenticità”, spiega Maria Caramelli, direttrice dell’Istituto zooprofilattico di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta che si occupa del controllo e della sicurezza alimentare.
Dottoressa, è vero che il made in italy è più sicuro dei prodotti importati?
Sì, in Italia ci sono maggiori controlli. Se facciamo un esempio con il livello dei contaminati chimici presenti negli alimenti, la percentuale nei prodotti italiani è molto bassa, circa lo 0,2% in confronto a una media europea dell’1,2% e di paesi extraeuropei in cui si arriva anche al 7%. Questo andrebbe raccontato di più, riportando i dati in modo comprensibile, è un dovere dei comunicatori. Spesso nel nostro Paese c’è stato un ritardo nella comunicazione, penso al caso della mucca pazza o del fipronil nelle uova. Negare il problema per non danneggiare il commercio ha creato un male peggiore, accrescendo la sfiducia nei consumatori.
Gli accordi commerciali internazionali, come il Ceta tra Unione europea e Canada, mettono a rischio questo controllo di qualità?
Gli accordi favoriscono sicuramente le grandi produzioni e per questo sono mal visti dai piccoli produttori, che sono la maggioranza in Italia. Le piccole e medie imprese rischiano di rimanere stritolate e la sicurezza alimentare viene usata come uno strumento per difendersi. E’ vero però che il nostro sistema europeo garantisce il controllo di tutta la filiera a differenza di Paesi come Stati Uniti e Canada in cui i controlli sono pochi e arrivano a prodotto finito con la responsabilità che ricade sul produttore. Il dibattito è vero e reale perché il divario culturale sul cibo è enorme. Penso ad esempio ai trattamenti ormonali su cu noi abbiamo tolleranza zero rispetto a Usa e Canada. Il rischio dunque è concreto. Il problema è che si sa molto poco di ciò che avviene ai tavoli di discussione dei trattati internazionali. Ci vorrebbe maggiore trasparenza.
Come possono tutelarsi i singoli consumatori?
Riguardo alla presenza dei contaminanti chimici bisogna ricordare che un ambiente malato non dà cibo sano, dunque fare attenzione alla provenienza degli alimenti è il primo passo. Certo in questo campo il consumatore singolo ha scarse possibilità di difesa. Diversa invece la questione delle tossinfezioni alimentari causate da virus e batteri. La battaglia lì è più facile. Il 40% dei casi infatti avviene nelle abitazioni. Questo dato ci fa capire che sono conseguenza di errori del consumatore che possono essere corretti con una adeguata informazione: penso al trasporto del cibo o all’utilizzo corretto del frigorifero. A volte l’attenzione a un dettaglio che sembra banale, può fare invece la differenza.