Tutto esaurito per l’apertura del temporary shop di Shein. L’azienda cinese leader del fast fashion è sbarcata per 5 giorni (fino al 26 marzo) a Torino e il suo arrivo non è passato inosservato. Sono circa duecento le persone che si sono messe in fila con l’unico obiettivo di poter entrare nel negozio e fare razzia di indumenti a basso costo. Una lunga coda che dal civico 15 di piazza Carlo Felice, di fronte alla stazione di Porta Nuova, ha raggiunto i portici di via Roma.
Tante giovani ragazze che conosco benissimo il brand, ma che sono abituate a comprare online con tutti i problemi che il mondo virtuale comporta. A volte il capo in foto non rende nello stesso modo di quando viene visto dal vivo o la taglia non è quella giusta. Quindi, bisogna recarsi al servizio postale e compilare tutta la modulistica per fare il reso. Un procedimento che fa perdere tempo e pazienza, ma che in questi cinque giorni può essere risparmiato: gli indumenti possono essere scelti tra gli stand e provati nei camerini.
Non servono a molto le accuse che sono state mosse al colosso cinese in merito ai diritti dei lavoratori e nemmeno l’inchiesta fatta da Channel 4, la tv britannica che ha scoperto che la forza lavoro di Shein viene pagata 4 centesimi a capo, per una produzione giornaliera di 500 pezzi e per una giornata lavorativa di 18 ore. Per non parlare dell’impatto ambientale che ha questo tipo di commercio. Comprare a prezzi stracciati piace e in molti non si lasciano fermare da eventuali problemi etici. E nemmeno Torino, città di mercati e negozi vintage riesce a resistere alle tentazioni di Shein.