Non si placano le polemiche sul trasloco dei cento senzatetto al padiglione 5 di Torino Esposizioni che fino a ieri 12 maggio erano accampati davanti al Palazzo civico del Comune di Torino. Ma la sistemazione – un capannone sotterraneo nel padiglione – non sarebbe quella promessa.
Stefano Turi, Avvocato di Strada e membro del consiglio nazionale della fio.Psd – Federazione Italiana Organismi per Senza Dimora, rievoca le immagini forti dei senza dimora a Las Vegas abbandonati in un parcheggio con strisce sull’asfalto per garantire il distanziamento fisico tra le sfortunate persone.
“Ciò che è successo dal 4 maggio, con le persone accampate davanti al Comune per sette giorni, sul piano civile e morale non ci distanzia troppo da quelle immagini forti di Las Vegas, nonostante l’Italia sia un Paese completamente diverso dagli Usa con un welfare forte e una struttura socio assistenziale di cui andare orgogliosi, perché molti che ci lavorano e altrettanti volontari si spendono ogni giorno per garantire il meglio alle persone più fragili della comunità. Per loro, per la mia città, che so essere molto diversa, dico che l’immagine data non rappresenta davvero chi siamo, e fa male. Inoltre passa un messaggio errato: al posto di puntare sulla pianificazione con tutti gli interpreti sul territorio, chi ha responsabilità pubblica si limita a interventi solo se costretta e a fronte di situazioni incivili e poco rispettose della dignità umana”. Turi si dice amareggiato perché “c’era tutto il tempo per pianificare piuttosto che inseguire l’emergenza del momento”.
Il legale osserva che i cento senzatetto sono la punta dell’iceberg di un problema molto più grosso, che si interseca con chiare responsabilità politiche e amministrative. La vicenda di Piazza d’Armi e i contagi al dormitorio di Reiss Romoli denoterebbero mancanza di pianificazione. “Occorre imparare dagli errori, anche in corsa, anche in emergenza. Domandiamoci dunque se per forza si deve arrivare all’estremo dell’indecenza per tutelare la salute degli ultimi e degli operatori sociali, che è tutelare la salute di tutta la comunità”.
Un mese di silenzio
Ogni anno viene varato il “piano freddo” definito “emergenza freddo”. Si tratta del Piano Sociale di Inclusione del Cittadino che risale al settembre 2019. Questo intervento ordinario e pianificato da fine settembre di norma si conclude a marzo, ma quest’anno, in piena emergenza sanitaria da Coronavirus, è stato prorogato fino al 4 maggio. “Sarebbe stato intelligente pensare in generale a strutture più adeguate a controllare la situazione di grave emergenza sanitaria. Si potevano prima ottimizzare gli spazi dei dormitori e dei container che possono diventare focolai come le Rsa. Ci sono le nostre segnalazioni già in tempi non sospetti. Tra l’altro del padiglione di Torino Esposizioni se ne parlava già il 5 aprile” – ricorda Stefano Turi. “E queste cento persone erano davanti al comune senza un wc chimico e servizi vari”.
[aesop_quote type=”block” background=”#282828″ text=”#ffffff” align=”left” size=”1″ quote=”L’ondata dei contagi potrebbe ripresentarsi. Bisogna pianificare gli interventi” parallax=”off” direction=”left” revealfx=”off”]
Due anni fa sono state censite circa 1700 unità di persone senza dimora. Ma non ci sono 1700 posti letto a Torino. La punta dell’iceberg di cui parla Turi, costituita dai cento accampati che fanno notizia, nasconde un sommerso non ancora censito. “Ce ne sono altri mille in strada. Quel numero censito due anni fa potrebbe essere in aumento – prevede l’avvocato di strada – a causa della crisi in atto. Tanti lavoratori in nero o precari potrebbero perdere la casa. Gli accessi alle Caritas sono aumentati anche tra chi fino a qualche tempo fa non ne aveva bisogno. Occorre agire subito e pianificare nel lungo termine. L’ondata dei contagi potrebbe tornare anche dopo l’estate. C’è molto da fare e costruire se vogliamo arginare queste difficoltà, di tutti, e credo che solo con l’aiuto di tutti si potrà fare qualcosa di buono”.
“La politica deve ammettere le proprie fragilità – conclude Stefano Turi – C’è grande fermento culturale e sociale in questa città. Ci sono associazioni, cooperative, volontari che rischiano e operano in silenzio. Noi siamo aperti ai tavoli con le istituzioni e con i rappresentanti della politica. Ma ci vuole tanta umiltà”.