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Semeraro: “Romanzare Federer senza essere banale, ecco il mio Slam”

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Da ragazzino irrequieto sfascia-racchette a leggenda in poco più di 300 pagine. Con “Il codice Federer” (Pendragon, 18 euro) Stefano Semeraro, giornalista de La Stampa e commentatore tv per Eurosport, racconta il mito dell’eterno tennista svizzero, capace di tornare a 36 anni sul tetto del mondo. Un genio del tennis e dello sport che non sembra mai sazio di frantumare record e, soprattutto, di vincere: punti, giochi, incontri, tornei. “Una biografia romanzata”, per non inciampare nelle banalità o glorificare in maniera distaccata i successi di Re Roger. “Non voglio sminuire i miei predecessori, però i loro testi mi sono sembrati freddi: ho provato a dare un tono diverso”. Questa sera, 27 marzo, alle 18.30 l’autore presenterà il libro al Circolo della Stampa Sporting di Corso Agnelli 45 e dialogherà con Riccardo Piatti, che oggi segue il talento croato Borna Coric dopo aver allenato campioni del calibro di Novak Djokovic, Milos Raonic e Ivan Ljubicic, attuale coach del fuoriclasse elvetico.

Stefano Semeraro, quando è nata l’idea della biografia su Federer?
Quest’estate dopo un colloquio con l’editore, Antonio Bagnoli. Ho subito accettato e mi sono anche divertito: lavorando per due quotidiani, non è stato facile riuscire a trovare il tempo di scrivere. Per fortuna conosco bene la materia, avendo seguito Federer per anni nei principali tornei del mondo.

Perché ora e non dopo il suo ritiro?
Editorialmente parlando, il momento è buono. Ed è giusto che il pubblico lo possa leggere anche oggi, mentre è ancora in attività. A carriera finita faremo una seconda edizione con le statistiche complete. Tra l’altro doveva uscire prima, poi a gennaio ha vinto in Australia il suo ventesimo titolo Major: ovviamente l’abbiamo posticipato.

Federer è davvero un codice?
Il titolo rimanda al Codice Da Vinci e al fatto che lo svizzero sia un artista del tennis, un talento rinascimentale. Codice significa anche qualcosa da scoprire: non si può dire che sia un mistero, perché lo conosciamo bene, ma il libro è un ritratto a tutto tondo, che tiene conto dell’aspetto agonistico, del personaggio, dell’ambiente e dei principali avversari.

La copertina de “Il codice Federer”

Come si fa a parlarne senza essere banali?
È un’impresa difficile. Bisogna evitare i trionfalismi e concentrarsi sulla visione complessiva del personaggio. Non ho scelto di glorificarlo, ma di raccontarlo con freschezza, come se una telecamera lo seguisse nel corso della carriera. Ho preferito far risaltare la storia rispetto alle vittorie.

Cosa le ha detto Gianni Clerici? Gli è piaciuto il libro?
Sì, ha apprezzato l’andamento, il fatto che abbia raccontato i successi e i record di Federer come in un romanzo. Gianni dice sempre che gli articoli devono essere come dei teatrini, con una storia e dei personaggi. Ho provato a mettere in pratica i suoi dettami.

Per documentarsi ha attinto dalle precedenti biografie?
Sì, in particolare ho preso spunto da quella di Rene Stauffer, un giornalista svizzero molto scrupoloso che ha seguito Federer sin dagli esordi, e da quella di Chris Bowles. Sebbene si fermino rispettivamente al 2007 e al 2011, sono state utili per ricostruire la prima fase della sua carriera.

È stata quella la parte più difficile?
I primi anni sono stati complicati, perché da ragazzino Federer non era poi così conosciuto in Italia. In particolare è stata una sfida uniformare questa parte del libro al resto, in cui ero più a mio agio avendola vissuta in prima persona.

Per il secondo anno consecutivo Federer salta la stagione sul rosso: è la scelta giusta?
Ormai da tempo ha imparato a gestirsi. Ha avuto l’intelligenza di capire che non avrebbe potuto giocare sempre al cento per cento. Nelle ultime due apparizioni sul cemento americano, a Indian Wells e Miami, l’ho visto un po’ sfibrato. Sa ascoltare benissimo il suo corpo ed è cosciente di non poter dare il massimo sulla terra a quasi 37 anni. Purtroppo per noi non lo vedremo né a Roma né a Parigi. Dovremo aspettare l’erba.

Chi sarà il suo avversario principale a Wimbledon?
La sua condizione fisica: se arriva in forma può vincere di nuovo. Anche perché i suoi grandi avversari sono un’incognita: Djokovic sembra in crisi nera, Murray dopo i problemi all’anca tornerà proprio sul verde dopo un lungo periodo di inattività e anche Nadal ha avuto un infortunio in questa stagione. Mi piacerebbe vederlo battagliare con Nick Kyrgios. Poi ci sono altri che possono impensierirlo come Cilic e Raonic.

Veniamo al tennis italiano. Che futuro ci attende?
Problematico, soprattutto al femminile. Nonostante l’ottimo lavoro della capitana di Fed Cup, Tathiana Garbin, al momento non abbiamo grandi prospettive. Camila Giorgi ha talento ma è troppo discontinua.

E al maschile?
Fognini ha avuto un buon inizio di stagione e ci fa sperare in vista della campagna sulla terra rossa. Poi c’è sempre Seppi che tiene botta e anche Paolo Lorenzi. E stanno crescendo alcuni giovani interessanti, che sono attesi al salto di qualità.

Tra le nuove leve su chi scommetterebbe?
Matteo Berrettini è quello che sta facendo vedere le cose migliori, per talento e capacità di gestire il calendario. Poi ci sono due piemontesi promettenti come l’alessandrino Matteo Donati e il biellese Stefano Napolitano. In ogni caso non vedo nessun potenziale top ten o vincitore Slam. In Italia si matura tardi, quindi spero di sbagliarmi.

 

FEDERICO PARODI

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