“Abbiamo finito le bandiere”: Chiara Rivetti quantifica così la mole di medici, infermieri e dirigenti sanitari accorsi, per la prima volta uniti, al corteo di Torino del 5 dicembre, nel contesto dello sciopero di 24 ore. “Avevamo già manifestato in difesa della sanità pubblica il 27 maggio: le risposte sono state insufficienti”, continua Rivetti, segretaria regionale di Anaao-Assomed, il sindacato di medici e dirigenti più rappresentativo del settore che in Piemonte conta oltre 2.500 iscritti e che è tra i sindacati promotori dello sciopero.
“Siamo stanchi di essere eroi solo quando fa comodo” è invece lo sfogo di Claudio Delli Carri, che fa riferimento al periodo del Covid. La sua gioia sta nel vedere la quantità di gente che ha voluto prendere parte alla protesta: alle passate avevano partecipato un centinaio di persone al massimo. Delli Carri è segretario piemontese di Nursing Up, il sindacato degli infermieri tra i promotori dello sciopero, insieme a Cimo-Fesmed, rappresentante dei medici. “La legge finanziaria prevede che la pensione dei professionisti sanitari assunti tra il 1981 e il 1995 venga convertita da retributiva mista in contributiva: questo significa perdere dai 200 ai 600 euro al mese. È una disposizione che deve essere ritirata”. Delli Carri spiega anche un altro nodo della questione: quello della valorizzazione. Per la prima volta nella storia, a infermieristica si è iscritto meno del 10% delle matricole e oltre il 20% in un secondo momento lascia gli studi: un aspetto che va poi a riflettersi nella mancanza di personale.
Nel finanziamento di oltre due miliardi, tra i beneficiari non è presente la dicitura “infermieri professionisti sanitari del comparto”. Il governo ha quindi proposto la definizione “infermieri e altre professioni”, ma secondo i sindacati è inadeguata perché vuol dire tutto e niente. Delli Carri spiega quanto sia fondamentale che venga specificato che si tratta di professionisti sanitari ex legge 43/2006, che disciplina proprio le professioni sanitarie. A questo settore vuole poi che sia dedicata una quota di 440 milioni di euro, a finanziamento dell’indennità infermieristica e del malato. Anche per Rivetti le risorse non sono sufficienti: “Il fondo sanitario nazionale, aumentato di tre miliardi, è stato già completamente eroso dall’inflazione”.
Allo sciopero ha aderito l’85% del settore sanitario a livello nazionale e a Torino, coordinata con Roma e tra le dieci città che hanno partecipato alla protesta, sono scese in piazza circa mille persone. I manifestanti hanno voluto omaggiare con delle statue di cartone e con un flash mob i colleghi precettati, che oggi hanno lavorato per assicurare i servizi assistenziali essenziali. Rivetti si è anche scusata, a nome dei sindacati, con chi ha dovuto saltare visite o esami programmati da tempo: “Chiudiamo un giorno perché la sanità pubblica non chiuda per sempre”, ha spiegato.
La protesta si è rivolta alle misure contenute nella legge di bilancio in discussione al Senato, ritenute inadeguate ad aiutare il sistema sanitario, in crisi da tempo. Le richieste sono molteplici: in primo luogo la cancellazione dei tagli alle pensioni e un aumento dello stanziamento di risorse, poi l’aumento del personale, la depenalizzazione dell’atto medico e la detassazione di una parte della retribuzione. Le frasi chiave di oggi, però, sono state “rispetto” e “sanità pubblica“.