La forza e la persistenza delle mafie si spiega con la capacità di detenere relazioni esterne. Il capitale sociale, per usare un termine caro alla sociologia. E ce lo conferma Rocco Sciarrone, docente di Sociologia della Criminalità organizzata e coordinatore per l’Università di Torino del Master in Analisi, prevenzione e contrasto alla Criminalità Organizzata e della corruzione (APC). Un master che è stato inaugurato questa mattina, nell’aula magna del Dipartimento di Cultura, Politiche e Società, con una lectio magistralis tenuta da Giuseppe Pignatone, procuratore della Repubblica a Roma, autore di inchieste su Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e “mondo di mezzo” (l’inchiesta di Mafia Capitale). Durante il suo intervento, Pignatone ha ricordato l’importanza della legge “La Torre – Rognoni”. Un “dispositivo normativo”, approvato dal Parlamento il 13 settembre 1982, tre giorni dopo l’omicidio del prefetto Dalla Chiesa, vittima di Cosa Nostra. Il provvedimento, con l’art. 416 bis, ha introdotto il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e le prime misure di confisca dei beni. Novità che si sono basate sugli “studi e sulle osservazioni di studiosi dell’epoca, come i sociologi”, ha ricordato Pignatone.
Professor Sciarrone, che cosa si intende per capitale sociale di un mafioso?
Capitale sociale è un concetto sociologico che fa riferimento alle risorse che un individuo ricava e può utilizzare a partire da reti di relazioni in cui è inserito. I mafiosi sono specialisti di relazioni sociali. Il loro punto di forza è quello di riuscire ad utilizzare per fini molteplici relazioni che intrecciano più ambiti. Non solo nel mondo criminale, ma anche all’interno dell’economia legale. Pensiamo poi anche alla politica.
Come sono cambiate le mafie negli ultimi anni?
Le mafie cambiano sempre, come tutti i fenomeni. Mantengono però un nucleo di elementi tradizionali. Su questi elementi, sono state capaci di portare alcune innovazioni. Negli ultimi anni il cambiamento più rilevante è senz’altro il passaggio al metodo corruttivo – collusivo, come lo ha definito la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo (DNA). Le mafie hanno messo in secondo piano l’intimidazione e hanno iniziato a utilizzare maggiormente lo scambio e la collusione.
Torino e Piemonte. Quali organizzazioni mafiose sono maggiormente presenti e come esercitano la loro influenza?
In Piemonte è predominante l’ndrangheta. È radicata in alcuni contesti territoriali. Non si tratta di una presenza esercitata esclusivamente nei settori illegali dell’economia. Si è insediata stabilmente nel territorio. Partecipa a quelle forme di ibridazione e opacità tra legale e illegale che vengono sintetizzate con l’espressione di “area griglia”. Anche in questa regione ci sono quindi situazioni di questo tipo.