«Questo è un libro sulla memoria, anzi, sulle memorie che mutano costantemente. La memoria è ciò che motiva e giustifica la nostra identità. Memoria significa quel qualcosa che qualcuno ci ha detto che noi siamo. Io, tra le righe, ho cercato di spiegare questo».
Nata nell’estate 1985, Sasha Marianna Salzmann vive i suoi primi 10 anni nell’ex Unione Sovietica, fuori dal confine geografico europeo. Poi si sposta in Germania. Attualmente si divide tra Berlino e Istanbul. Fuori di sè è il suo primo romanzo (ma è già candidato al Premio Strega Europeo 2019). Protagonista è una donna dai capelli ricci, che inizia ad assumere ormoni per la transizione sessuale.
Francesco Pacifico, moderatore dell’incontro, confessa subito: «ti dico come vedo questo personaggio: una scappata di casa, che fugge dai propri genitori, dalla propria storia, una persona che fa le cose rocambolescamente. Una donna che evade dall’antisemitismo russo per arrivare in Germania e poi approdare a Istanbul. Il tuo romanzo – continua lo scrittore e podcaster italiano – è molto seducente, perché riesce a raccontare il sesso tra persone che io non voglio vedere nude. C’è un erotismo della presenza e dello stile: questo libro trova una possibile descrizione letteraria di questa seduzione».
Anarchia, comunismo, case occupate e rivolte: è questa la memoria della protagonista Ali. Ogni elemento della sua famiglia ha vissuto traumi storici, che però è chiamato a rimuovere. Si tratta della lotta tra un corpo oscuro, che si ammala, e un corpo di vitalità, che è quello anarchico. «Che lotta c’è tra la famiglia, intesa come storia e la vitale corsa di una persona verso la libertà?» chiede Pacifico all’autrice. «Credo – risponde la Salzmann – che la famiglia biologica sia la prima cosa che ci definisce. Ma ogni identità è comunque mobile: un corpo che va da A a B. Personalmente, sono il prodotto di una realtà comunista. So che è parte della storia della mia famiglia, e così Ali porta in sé questi traumi, di cui però non conosce l’origine. Con questo libro cerco di dire che dobbiamo elaborare il passato per tornare ad essere mobili e affrontare il futuro». Senza ricordi non si raggiunge niente, sembra ricordare l’autrice, quando parla di ‘complessità della storia’. L’occasione per uno sguardo sull’attuale panorama europeo è così posta. «La Arendt lo dice chiaramente: si misura una società in base a come gestisce le persone ai margini. E non stiamo facendo un buon lavoro, al momento. Solo guardando agli angoli riusciamo a capire di più, e meglio, il mondo in cui viviamo”.
I romanzi non raccontano mai dei contenuti, sembra suggerire la Salzamann. “Quando io descrivo il sesso – conclude l’autrice -, non mi riferisco direttamente a quello, bensì a ciò che posso trasportare nell’ambito del desiderio di un vero incontro. Nel libro c’è una gemella che cerca un gemello che non sa se esiste. Tuttavia, sa che il sesso è uno dei possibili luoghi d’incontro. Tra le pagine, spiego cosa c’è sotto questo desiderio di voler trovare e raccontare”.