La storia di Sanremo è anche un po’ la storia degli italiani. Ricordarla però non è sempre semplice, in particolare per i giovani, che non hanno vissuto i primi anni del Festival della canzone e che sono tornati protagonisti solo negli ultimi anni, anche grazie all’effetto del Fantasanremo. Dall’1 febbraio al 12 maggio alle Gallerie d’Italia sarà possibile ripercorrerne la storia visitando la mostra “Non ha l’età. Il festival di Sanremo in bianco e nero 1951-1976“, curata dal giornalista e critico della televisione Aldo Grasso. La fotografia è protagonista grazie alle immagini dell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo, ma non quella canonica in cui i cantanti si esibiscono sul palco, bensì i retroscena. Il racconto delle immagini inizia nell’anno di nascita del festival, quando tutto si esauriva in tre serate trasmesse radiofonicamente dal Salone delle Feste del casinò della città.
“Il Festival nasce come promozione turistica – dice Grasso -, quando alcune famiglie della borghesia piemontese e milanese andavano a Sanremo a svernare. È nato in un momento in cui l’Italia aveva bisogno di ritrovare la gioia di vivere. Era uscita sconfitta dalla guerra, povera e fondamentalmente contadina, bisognava trovare qualcosa che sgombrasse il clima un po’ tetro che regnava”.
Da essere un evento radiofonico diventa protagonista della televisione dal 1956, ma sempre con il format strutturato in due serate in cui c’erano le esibizioni dei cantanti e una terza, che finiva prima delle 23, con la proclamazione dei vincitori. “Quando arriva in tv diventa sicuramente la manifestazione più importante d’Italia. È proprio la forza del mezzo televisivo a renderla così importante”, continua Grasso. Nel 1968 poi è il momento delle manifestazioni, il ’69 quello delle lotte operaie e anche gli anni ’70 portano con loro momenti bui. “In quel momento la Rai si disamora quasi del festival e trasmette solo la serata finale. C’è addirittura un anno in cui, dato che i programmi chiudevano presto, gli spettatori non riescono nemmeno a sapere chi è il vincitore del festival”. Ma dopo la fase di declino arriva Pippo Baudo e l’evento sanremese diventa una cerimonia più televisiva che canora.
Negli anni è rimasto uno degli eventi più importanti nel panorama italiano, in particolare da quando tra gli spettatori sono tornati i giovani. “Nella storia dei media ogni tanto si celebra la morte di qualcosa, con molta fretta tra l’altro. Poi però non muore mai niente, tutto si trasforma per sopravvivere. Per i giovani è morto il televisore, non la televisione. La guardano in maniera differente, magari per frammenti, ma parlano ancora di Sanremo, spesso attraverso i social. E finché si parla, le cose resistono, vanno avanti e continuano”.