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Sanità piemontese, un referendum contro la privatizzazione

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Lo strumento è il referendum. L’obiettivo è la “tutela della sanità pubblica”. Il Comitato per il diritto alla tutela della salute e alle cure nella mattinata di lunedì 10 febbraio ha presentato la proposta di un referendum regionale contro le aperture alla privatizzazione del sistema sanitario nazionale: nel quesito, in particolare, si chiede l’abrogazione della legge regionale n°. 1 del 31 gennaio 2012, grazie alla quale le Asl possono sperimentare una gestione mista con il privato della sanità pubblica.

La norma

Secondo la norma, le aziende sanitarie locali possono decidere di “partecipare ad organismi di natura societaria”, per un massimo di cinque anni ma con la possibilità per la giunta regionale di prorogare di altri cinque anni la sperimentazione o anche di convertirla in strumento di gestione ordinaria. “È una normativa che consente le cosiddette sperimentazioni gestionali: la possibilità autorizzata da parte della Regione alle Asl di costruire delle società con dei soggetti privati per gestire i servizi di cura, di presa in carico, di continuità assistenziale”, ha spiegato Eleonora Artesio, ex assessora regionale alla Sanità e membro del Comitato. “Il problema è che si è provato, si è prorogato, si è visto e tanto bene non è andata. Ma soprattutto il problema è che norme come questa sono diventate così lasche da lasciare immaginare che quel che si vorrebbe provare per poi mettere a regime in un dibattito pubblico o per convertire in una gestione pubblica in realtà va avanti per trascinamento. Se cinque o dieci anni fa le sperimentazioni gestionali dovevano essere una a al massimo tre, in un momento di difficoltà come questa dove si va a cercare la capacità del privato di erogare servizi sanitari rischia di diventare invece una sorta di frana”.

L’obiettivo del referendum

L’obiettivo vero della battaglia referendaria, infatti, è la difesa del servizio sanitario nazionale: “Crediamo che la situazione sia talmente emergenziale che serve un Cln: un Comitato di liberazione della sanità pubblica”, ha detto il segretario regionale della Cgil Piemonte Giorgio Airaudo. “Pensiamo che vada dato un indirizzo ai politici, qualunque governo ci sia: l’indirizzo è che il ssn resti pubblico. Temiamo altrimenti che ci sia uno scivolamento verso il privato: mancano le risorse, le liste d’attesa non si chiudono e lentamente ci troveremo ad avere la prevalenza del privato. Serve un indirizzo, e quale cosa migliore che chiedere ai cittadini piemontesi? Ci rivolgiamo a chi governa oggi la Regione – ha aggiunto – ma le responsabilità hanno tutti i colori politici”. Per poter essere presentato il quesito dovrà raccogliere 600 firme e passare il vaglio della costituzionalità: se accolta, sulla proposta di referendum abrogativo dovrà pronunciarsi l’Ufficio di presidenza della Regione o, in mancanza di unanimità, il Consiglio regionale. A quel punto la palla tornerà di nuovo al Comitato, che dovrà raccogliere altre 60mila firme. Con questo cronoprogramma il referendum si terrebbe nella primavera del prossimo anno. “Per noi è l’occasione di far dire ai cittadini piemontesi che vogliono la sanità pubblica”, ha detto Airaudo.

Il Comitato

Al Comitato, fondato nell’aprile 2023, aderiscono circa 80 realtà, tra sindacati, associazioni, ordini professionali. Tra i proponenti del referendum abrogativo presentato oggi ci sono anche l’Associazione nazionale aiuti assistenti ospedalieri (Anaao) e l’Ordine provinciale dei medici: “Siamo coinvolti in questa battaglia perché vogliamo difendere la possibilità dei medici di curare la gente”, ha detto il presidente dell’Ordine dei medici di Torino, Guido Giustetto. “Il personale sanitario vuole prendersi cura delle persone e siamo convinti che solo all’interno di un sistema sanitario pubblico che questo è possibile”.

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