La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

“I Cie sono i manicomi di oggi. La cultura per combattere la paura del diverso”

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Legge 180 del 1978, Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori. È la cosiddetta Legge Basaglia, dal nome dello psichiatra che ispirò la chiusura dei manicomi.
17 gennaio 2012, la Commissione giustizia del Senato dispone che gli ospedali psichiatrici giudiziari cessino il proprio servizio entro il 31 marzo 2013, termine poi prorogato allo stesso giorno del 2015. Doveva essere la fine di quell’epoca di strutture per la cura dei disturbi mentali, e nei fatti lo è stato.
Ma intanto il confine tra sanità e malattia, tra normalità e anormalità, si sposta lungo binari culturali, politici e anche territoriali. “I migranti, ad esempio, sono oggetto di una stigmatizzazione sociale inaccettabile”, sostiene Pier Maria Furlan, psichiatra torinese autore del libro Sbatti il matto in prima pagina. Un tempo era chiudere i manicomi: oggi la sfida dell’integrazione si gioca anche sul tema della diversità culturale. “Esser stato ricoverato in manicomio finiva nella fedina penale, per sempre”, prosegue Furlan, in maniera non troppo diversa dall’essere schedato nei Cie, centri di identificazione e espulsione dei migranti. “I manicomi di oggi sono proprio i Cie, dove accadono fatti indegni di una società civile come quella italiana”, attacca Gianmaria Ajani.

E se  è vero che la soluzione può venire solo “dalla cultura, cioè capendo che la tua idea è una piccola parte di quelle che circolano”, allora acquisisce di nuovo importanza il giornalismo. Cioè la capacità di indagare in profondità la realtà, come fece Franco Giliberto de La Stampa  fingendosi matto e facendosi ricoverare nell’ospedale psichiatrico di Collegno. “Oggi mi preoccuperei di coloro che vengono ricoverati con trattamento sanitario obbligatorio nei piccoli reparti psichiatrici degli ospedali cittadini. Chi prescrive i trattamenti? Come vengono fatti? Quanti antidepressivi e benzodiazepine vengono somministrati? Oggi il disturbato mentale può essere curato grazie ai nuovi farmaci”, conclude Giliberto.

MARCO GRITTI