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Roberto Saviano: “La mia vicenda nasce dalle budella di chi ha letto”

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L’incontro con Roberto Saviano è un flusso pieno di sofferenza e orgoglio, dove la parola, nell’approccio dell’autore, è una delle poche armi per reagire al potere. Il lettore è il centro del suo intervento: dove il rapporto stesso con il libro crea cambia le persone dall’interno, così, sottotraccia, senza segni apparenti.

Inizia Saviano dicendo: “la mia vicenda nasce dalle budella di chi ha letto, non da quello che ho scritto”. Il libro è uno spazio di libertà e rischia di essere surclassato dalla mancanza di tempo, la meraviglia della letteratura si riscontra nella trasmissione del valore nel momento stesso in cui si legge.

L’autore di Gomorra ricorda, a due giorni dall’anniversario della strage di Capaci, il magistrato Giovanni Falcone. Il giudice palermitano, prima della sua tragica morte, ha aggiunto Saviano, “era invidiato da una buona parte dell’opinione pubblica e in particolare dai suoi colleghi”. E così: “La morte di Falcone è stata un’anomalia mediatica, una sfortuna per Cosa Nostra. Si aspettavano un paio di giorni di attenzione, come è capitato in altre mille occasioni. Una piccola parte del Paese sarebbe rimasta sconvolta,  ma dopo sarebbe passato tutto con un ritorno alla normalità. Non si sa bene come, ma l’Italia in quel momento è cambiata”. Il trionfo della mentalità mafiosa è sintetizzato in una famosa e tragica frase di Falcone: “Per essere credibili bisogna essere ammazzati in questo Paese” ha continuato.

La lettura si conferma strumento di sopravvivenza, anche nella sua vita quotidiana. “Dopo le valanghe di fango che mi arrivano addosso ogni giorno, mi rifugio nella lettura”. E prima di concludere l’incontro, Saviano entra nel dibattito in corso sulle Ong e i migranti e si schiera senza indugi: “Non esiste chiamare taxi del mare le barche che salvano vite, i taxi sono un privilegio”.

ROMOLO TOSIANI

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