Nel 2018, nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di tutta Italia sono transitati 4092 migranti. Gli effettivi rimpatri dall’Italia sono stati 1768 (43% dei trattenuti). In Piemonte, nel Cpr di corso Brunelleschi, il più capiente del Nord Italia con potenziale teorico di 210 posti, gli effettivi rimpatriati sono stati 632 (il 55%) a fronte di 1157 transitati. Questi sono i numeri contenuti nella relazione del dott. Bruno Mellano, garante regionale delle persone detenute o sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Piemonte.
Dietro questi numeri ci sono persone. Persone che sono nei Cpr “anche per non aver incontrato sulla propria strada un percorso di inserimento o non aver saputo trovare un lavoro stabile”, precisa il garante Mellano. Analizzando i dati, Bruno Mellano – che è appena stato rinominato garante della Regione Piemonte per i prossimi cinque anni – fa notare che non si tratta di numeri allarmanti.
Qual è lo stato delle cose?
“L’Ufficio del garante si occupa di tutte le fasce delle persone che sono ristrette o limitate nella libertà. Il Cpr è l’ultima evoluzione del Cpt, poi diventato Cie e adesso Centro permanente per il rimpatrio. Al momento, nel Cpr di corso Brunelleschi a Torino, ci sono circa 100 migranti. Nel Cpr ci sono stati incendi e incidenti. È gestito direttamente dal ministero dell’Interno, Prefettura e Questura di Torino con un ente gestore che è la Gepsa, una ditta francese attiva in Italia nella gestione dei centri di immigrazione. Come garante c’è la volontà di essere partecipi di una situazione di tutela dei diritti delle persone, anche di chi nei prossimi giorni o settimane sarà espulso dal nostro paese. Abbiamo in mente un progetto di monitoraggio dei rimpatri forzati. A noi spetta il compito di verificare le condizioni di vita e di permanenza nei centri, di verificare i percorsi di identificazione e di espulsione”.
Analizziamo i numeri?
“Non si tratta di numeri altissimi. Sono alcune migliaia in tutta Italia. Una metà di questi viene espulsa, l’altra metà viene rimessa in libertà sul territorio, in alcuni casi perché non dovrebbero stare nei Cpr. Sappiamo che in questo momento in Italia potrebbero esserci mezzo milione di irregolari. Ma quello dei detenuti o degli espulsi è un fenomeno molto amplificato dal punto di vista dell’informazione e della propaganda: in alcuni casi si tratta di persone che non dovrebbero essere lì o sono lì per un puro caso, per non aver incontrato sulla propria strada un percorso di inserimento o non aver saputo trovare un lavoro stabile. Ci sono persone provenienti da un percorso di delinquenza, ma troviamo anche molti diseredati, senza grossi strumenti culturali e opportunità”.
Il decreto Sicurezza quali effetti sta producendo?
“Non sono un organismo politico che in questa fase possa esprimere giudizi o pareri di legittimità o opportunità. Il garante nazionale fa riferimento a principi del Consiglio d’Europa e dell’Onu e ha già espresso le sue perplessità: Mauro Palma, lo scorso aprile davanti al presidente della Repubblica in sede di Montecitorio, ha avanzato una serie di critiche legate alla gestione del blocco delle navi e dei porti aperti. Io posso solo verificare qual è la situazione attuale. Prima ancora del decreto Salvini c’erano i decreti Minniti e Orlando che prevedevano, per esempio, la strutturazione nel paese di una serie di Cpr, uno per ogni regione. Dovevano essere più piccoli e adeguati a una accoglienza dignitosa, volta alle procedure di identificazione e di eventualmente espulsione”. Poi, però, non se n’è fatto più nulla.