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Rigoletto tutto esaurito: da venerdì al Teatro Regio

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Dal 28 febbraio all’11 marzo il palco del Teatro Regio di Torino ospiterà Rigoletto, con la regia di Leo Moscato e la direzione d’orchestra di Nicola Luisotti. L’opera di Giuseppe Verdi sarà presentata con un nuovo allestimento ambientato nella Belle Époquee e curato dalla scenografa Federica Parolini e dalla costumista Silvia Aymonino, già vincitrici del premio della critica musicale “Abbiati” nel 2019.

L’opera, basata sul libretto di Francesco Maria Piave e tratta dal dramma di Victor Hugo, torna al Regio dopo 174 anni dalla sua prima rappresentazione e innumerevoli recite in tutto il mondo. La dimensione emozionale frutto dell’unione tra musica e testo rimane travolgente e porta in scena alcune relazioni fondamentali per tutti noi. Come ricorda il sovrintendente del Teatro Mathieu Jouvin, Verdi mette in luce “la relazione di Rigoletto come padre nei confronti della figlia, Gilda, impronta di un amore fortissimo e che porta Rigoletto a sbagliare, volendo proteggerla da un mondo sporco”. La complessità di questo rapporto è vissuto tutti i giorni anche da chi interpreta Gilda, la soprano Giuliana Gianfaldoni: “Quando salgo su quel palco e la interpreto scopro un lato del rapporto con mio padre che non conoscevo. Ogni giorno c’è un’interpretazione nuova che spero possa regalare un’emozione diversa anche al pubblico. Noi portiamo Gilda con le idee musicali e registiche stabilite, ma ci mettiamo sempre un po’ di noi stessi. Facciamo musica dal vivo, ogni giorno è diverso, chissà cosa succederà”.

Dal ruolo di Gilda si snoda la narrazione commovente dell’opera che, secondo il regista Moscato, parla anche ai giovani: “Gilda è il motore di questa storia, una ragazza figlia di sconosciuti che non ha ancora scoperto il mondo. Quando incontra per la prima volta l’amore non ne conosce ancora le fregature. Darà amore incondizionato al duca di Mantova, una persona falsa e dall’affettività malata, mossa solo dall’esigenza di conquistare gli altri. Quando realizza questa cosa, è perduta e questa sensazione, riguarda i giovani ma non solo. La differenza è che le generazioni più giovani sanno percepire e sentire in maniera più pulita, netta, genuina”.

Gilda è anche l’unica, fra i personaggi principali, ad avere un nome proprio, gli altri unicamente un soprannome. Questa dimensione identitaria è diventata centrale per il regista, approfondita anche spazialmente dalle scenografie. Sul palco, il pavimento sarà specchiato, a ricordare la moltitudine di identità che abitano i protagonisti. Da spettatore si potrà percepire un distacco fra reale e percepito, fra l’immagine che decidiamo di offrire agli altri e cosa sta dietro allo specchio, il tutto in quello che appare come “un mondo drogato”, secondo la costumista Aymonino.

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