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Riforma della giustizia: il convegno Anm

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Un’assemblea aperta al Palagiustizia di Torino ha inaugurato la giornata di sciopero nazionale dei magistrati contro la riforma costituzionale della giustizia voluta dal governo Meloni.

Punto cardine della riforma è l’introduzione della separazione delle carriere tra magistratura requirente e magistratura giudicante, oltre a importanti modifiche alla composizione stessa del Csm. Ad oggi, il sistema giudiziario italiano prevede che giudici e pubblici ministeri seguano lo stesso percorso formativo per poi scegliere, una volta superato il concorso, la carriera da intraprendere. Ma la scelta della funzione è comunque reversibile: inizialmente i magistrati potevano cambiare carriera fino a quattro volte, poi la riforma Cartabia del 2022 ha limitato il passaggio ad una volta sola entro i primi dieci anni di attività.

La separazione delle carriere, oltre a non prevedere più un eventuale cambio di funzioni,  è un tema di cui si discute da decenni e che assume oggi particolare rilevanza perché parte di una delle riforme-bandiera dell’esecutivo in carica. Intorno alla riforma si è sviluppato un acceso dibattito politico, che si inserisce a sua volta in un clima di frizione fra politica e magistratura.

La separazione delle carriere

L’associazione nazionale magistrati di Torino, nello stesso giorno dello sciopero contro la riforma della giustizia, ha indetto dunque un’assemblea aperta a tutti per “arrivare alla società civile”. L’incontro, dal titolo “Separazione delle carriere: controllo sulla magistratura?”, è stato mediato dalla dottoressa Raffaella Bosco. La segretaria della giunta ha esposto lo scopo dell’assemblea, cioè informare la società per la salvaguardia della Costituzione. A tal proposito, Giulia Locati, componente del Comitato direttivo centrale Anm, è intervenuta ricordando che le garanzie di indipendenza e imparzialità del pubblico ministero e del giudice sono garanzie del cittadino. Ragione per cui il disegno di legge presentato dal governo non riguarda solo i magistrati, ma tutti noi. 

Il dibattito ha visto la partecipazione di docenti e magistrati che hanno fornito, ciascuno secondo la propria competenza, un punto di vista critico sulla riforma. Secondo il professor Marco Pelissero, per esempio, la separazione delle carriere produrrebbe un indebolimento della magistratura nel suo complesso. E un Pm indebolito è un Pm più condizionato dalle scelte del potere esecutivo. 

Davide Servetti, ricercatore di diritto costituzionale, è intervenuto ricordando che: “La revisione costituzionale di cui parliamo non investe solo la magistratura ma i complessivi equilibri istituzionali, i rapporti tra autorità e libertà, e questo chiama in causa tutti. Questa riforma va inserita in un contesto in cui il complesso degli interventi in materia indeboliscono l’equilibrio tra i poteri. Le tensioni che esistono tra politica e magistratura lo confermano”.

Mario Bendoni, presidente dell’associazione nazionale magistrati del Piemonte e della Valle d’Aosta, ha invece sottolineato come la preoccupazione per gli effetti della riforma si inserisca in un contesto di allarme più generale per i numerosi attacchi alla magistratura e ai singoli colleghi. Bendoni ha parlato anche della ragione di questo sciopero, cioè la tutela dei diritti di tutti, il cui presupposto è l’indipendenza della magistratura. 

Rifoma della giustizia: il Csm

Diverse riflessioni hanno poi toccato il secondo punto nevralgico della riforma: le modifiche alla composizione del Consiglio superiore della magistratura. La riforma della giustizia, oltre alla separazione delle carriere, prevede infatti la configurazione di due distinti organi di autogoverno: il Csm giudicante e il Csm requirente. Una delle novità riguarda la possibilità che i componenti togati (e laici) non vengano più eletti ma sorteggiati. Ma come sottolineato da Monica Mastrandrea, direttrice de La Magistratura, con il sorteggio si trasformerebbe la natura del Consiglio, che da organo costituzionale diventerebbe un mero organo amministrativo. La direttrice ha concluso il suo intervento affermando: “Se sorteggiamo miniamo la democrazia rappresentativa, non cambia per il magistrato ma per la tutela dei diritti dei cittadini. Negli altri ordinamenti in cui il Pm è separato dal giudice, il Pm subisce un controllo più o meno importante da parte dell’esecutivo”.

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