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Revenge porn: cos’è e cosa cambia dopo il voto della Camera

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Il revenge porn ha compiuto il primo passo per diventare reato.

L’emendamento al disegno di legge “Codice rosso” in materia di violenza sulle donne è stato approvato all’unanimità ieri 2 aprile alla Camera dei deputati con 461 voti favorevoli e nessuno contrario. Una sua prima versione, presentata lo scorso 28 marzo dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini, era stata infatti bocciata per soli 14 voti da Lega e Movimento 5 Stelle, le uniche due forze politiche ad essersi espresse negativamente. Il Movimento 5 Stelle aveva giustificato la bocciatura sostenendo che fosse necessaria una legge più completa, e non un semplice emendamento. Contemporaneamente infatti al Senato proprio i 5 Stelle presentavano la loro proposta di legge sul revenge porn a firma della senatrice Elvira Evangelista.
Questa posizione è stata appoggiata anche da Giulia Sarti, deputata Cinquestelle che si era autosospesa a febbraio in seguito a uno scandalo su alcuni rimborsi falsi, personalmente vittima di revenge porn.
Dopo la bocciatura è stata immediata la reazione delle deputate di PD, Leu e Forza Italia che hanno protestato alla Camera tra i banchi del governo, e così il secondo passaggio in aula ha avuto esito positivo.
Sono previste pene da 1 a 6 anni di reclusione e multe da 5000 a 15.000 euro per chi diffonde video o immagini private a carattere sessuale senza il consenso dei protagonisti. La stessa pena è applicabile anche a chi si limita a continuare a diffondere materiali ricevuti dall’esterno. Vengono attribuite delle aggravanti nel caso in cui la diffusione del materiale parta da un ex partner.

Il disegno di legge introduce nuove norme per rendere più veloci le indagini e i procedimenti penali sui casi di violenza sulle donne e tutele maggiori nei confronti delle vittime.
Le denunce per maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate commessi in contesti familiari o di convivenza saranno immediatamente trasmesse ai magistrati che, da quel momento, avranno tre giorni di tempo per ascoltare le testimonianza della donna.

Il revenge porn è una realtà concreta che torna periodicamente nel dibattito pubblico in seguito a gravi casi di cronaca. La discussione in Italia si è riaccesa nel 2016 quando Tiziana Cantone si è suicidata dopo che alcuni suoi video sessuali erano stati diffusi online senza il suo permesso.
L’introduzione del reato andrebbe a coprire l’attuale vuoto normativo sul tema, che attualmente può essere sanzionato solo attraverso l’applicazione delle norme sulla privacy o utilizzando il reato di diffamazione e affidandosi alla discrezionalità dei giudici.

Ma come funziona nel resto del mondo?
Il primo Paese a dotarsi di una legge per contrastare il revenge porn sono state le Filippine nel 2009.
In Europa la Francia si è dotata di una legislazione in materia di revenge porn già dal 2016 che punisce i diffusori di materiale privato a carattere sessuale con due anni di detenzione e multe fino a 60 mila euro. Nel Regno Unito il revenge porn è diventato un reato a partire dal 2015 con pene che arrivano fino a due anni di reclusione. La Germania fino al 2017 regolava le controversie relative al revenge porn solo civilmente, con una legge molto restrittiva sul copyright, anche se diverse sentenze avevano contribuito a costruire un quadro piuttosto punitivo per i trasgressori.

FRANCESCA SORRENTINO