di Massimiliano Mattiello e Giorgia Mecca
Porta Palazzo non è soltanto un mercato. Lo sanno bene i clienti che lo frequentano da anni preferendolo a supermercati sempre più grandi e competitivi, ma soprattutto lo sa bene chi ci lavora. Adriana, Deborah, Beppe e Cecilia: piazza della Repubblica è tutta la loro vita.
Adriana Menzio non vuole dire quanti anni ha perché pensa che siano troppi, potrebbe godersi la pensione e invece ogni giorno si sveglia alle 6 del mattino e va ad aiutare sua figlia Deborah ad allestire il banco di frutta e verdura. Adriana conosce a memoria i nomi e le storie di tutti i suoi clienti, che sono gli stessi di venti anni fa. Li ha visti crescere e diventare adulti. È arrivata in piazza che era poco più di una bambina per aiutare sua madre. “Da qui non mi sono più mossa: sono diventata moglie, mamma e nonna e sono ancora qui, nello stesso banco di sempre”. Ha nostalgia della vecchia Porta Palazzo: “era bellissima”, ricorda. “Lavoravamo senza mai fermarci, le famiglie erano affamate e numerose; le signore venivano tutti i sabati e facevano una spesa che oggi ce la sogniamo”.
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Sua figlia Deborah, dall’altra parte del banco, la ascolta e annuisce. Ha comprato la licenza nel 1986, pagandola ottanta milioni di lire. Ultima di una dinastia d’ambulanti, è sicura che la storia della famiglia Menzio a Porta Palazzo finisca con lei: “Questo mercato è stato la nostra vita, ma lo vediamo morire ogni giorno che passa”. I problemi, dice, sono noti a tutti: delinquenza, pochi controlli e molti, troppi stranieri che hanno invaso la piazza facendo una concorrenza spietata. “È un peccato, ma è la verità. Siamo riuscite a tenerci i nostri clienti storici, soltanto quelli”.
Proseguendo verso la piazzetta e verso l’orologio sotto cui campeggia la scritta “amare le differenze”, in via Priocca si incontra il nuovo negozio di Beppe Gallina, una delle pescherie più famose di Torino. Gallina si è trasferito nel nuovo locale un anno e mezzo fa, prima stava al mercato ittico, dall’altra parte della strada. Anche per lui Porta Palazzo è una questione di famiglia. “Ha cominciato la mia bisnonna a fine Ottocento, la licenza più antica del Piemonte”. Lui ha imparato a pulire il pesce quando aveva dodici anni.
Adesso ne ha 47 e ha scoperto come adattarsi: “Il mercato si trasforma continuamente, noi commercianti dobbiamo cambiare di pari passo”. I suoi colleghi però non sono ottimisti come lui. All’interno del mercato ittico, infatti, su diciotto stand ne sono rimasti aperti soltanto nove, tutti gli altri hanno chiuso.
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Camminare tra banchi deserti e pescivendoli che cercano in tutti i modi di invogliare i passanti a comprare le sogliole a quindici euro al chilo, mette un po’ di tristezza. “Facciamo prezzacci pur di vendere qualcosa” dice Raffaele Di Meola che non ha nessun dubbio: “Era molto meglio prima”.
Porta Palazzo è stato per decenni la spesa delle famiglie di Torino, dal proletariato all’alta borghesia. “Davamo da mangiare a tutti” dice ancora Adriana, che parla con nostalgia ma non smette di sorridere mentre pulisce i carciofi sardi, quattro euro per dieci.
A pochi banchi di distanza, con un cappellino rosa per proteggersi dal freddo Cecilia Berta sta per festeggiare settantasette anni. Ha comprato la licenza per vendere frutta e verdura insieme a suo marito nel 1963; adesso è vedova e ad aiutarla c’è suo figlio. “Ho cominciato che ero una bambina. Quando facevo le elementari, finita la scuola andavo a vendere le uova alle famiglie ricche del canavese” Da allora non ha mai smesso e se qualcuno le chiede come mai non va in pensione, lei sorride e indica il banco su cui ogni giorno espone la sua frutta e la sua verdura, tutto ciò che ha.