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Recovery Fund per uscire dalla crisi. Ma la partita è tutt’altro che chiusa

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Nei giorni scorsi, il mantra dell’Italia – “No Mes, sì Eurobond” – e l’ostinato “Nein” della Germania, hanno diviso L’Eurogruppo, l’organo informale che riunisce i ministri delle Finanze dei Paesi della zona euro. La posizione tedesca ha reso ostico il dialogo sulla mutualizzazione del debito per reagire alla crisi economica causata dal Coronavirus. Le relazioni interne agli Stati membri dell’Unione Europea sono state messe a dura prova dalla dissoluzione dell’asse franco-tedesco, con i francesi in un primo momento più vicini al fronte euromediterraneo. E dall’altra parte della barricata i paesi nordici, con Amsterdam e Berlino capofila.

Quattro sono state le proposte messe sul tavolo per dare liquidità agli Stati fortemente colpiti dall’emergenza sanitaria. Ma la discussione si è annodata attorno agli Eurobond (meglio noti come Coronabond) e al Mes (Meccanismo europeo di Stabilità, detto anche Fondo salva-Stati) ideato per concedere prestiti alle nazioni europee. Gli Eurobond sarebbero titoli garantiti in solido da tutti gli Stati dell’Ue, ciò significa che se qualcuno non rimborsa la sua quota, tocca agli altri Paesi pagare la restituzione del prestito. Come un condominio che divide le spese non pagate dal coinquilino insolvente.

Germania e Paesi Bassi sono contrari e non vorrebbero rischiare, visto che l’Italia è indebitata fino al 135% del proprio Prodotto Interno Lordo, mentre i tedeschi sono di poco sopra il 60%. Si è parlato pertanto di assenza di fiducia interna tra i diciannove dell’eurozona.

 

L’Europa al bivio

Bruxelles ha poi faticosamente visto la luce sulle misure anticrisi da adottare. Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel e la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen hanno ridefinito una roadmap ed un piano d’azione per “assicurare il benessere degli europei” e “riportare l’Ue ad una crescita basata sulla strategia green e digitale”. L’azione politica di moral suasion di alcuni membri ha centrato in parte l’obiettivo.

Nel Consiglio Europeo del 23 aprile scorso, i capi di Stato e di governo hanno approvato il pacchetto di misure da 540 miliardi di euro: Sure, Bei e Mes senza condizionalità che saranno operativi a giugno. Con la promessa di analizzare lo strumento del Recovery Fund, su proposta francese, in alternativa agli Eurobond.

 

Il Recovery Fund alla francese

Lunedì sera, 18 maggio, c’è stata l’intesa franco-tedesca: la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron hanno annunciato un piano per creare un fondo europeo “Recovery Fund” da 500 miliardi di euro da spalmare in tre anni, 100 dei quali spetterebbero all’Italia duramente colpita dalla pandemia.

Un piano di aiuti a fondo perduto, quindi da non rimborsare. Questi fondi saranno reperiti sui mercati attraverso bond continentali. L’intesa tra Parigi e Berlino è una boccata d’ossigeno per il Vecchio Continente che ritrova così l’unità grazie allo strumento del Recovery Fund. Gli effetti degli annunci, sui mercati, sono stati immediati: calo dello spread e recupero dell’euro sul dollaro.

Macron assicura che questi soldi che arriveranno nelle casse dei Paesi membri più colpiti dalla crisi non saranno rimborsati dai beneficiari, ma dall’Unione il cui bilancio farà da garanzia per gli investitori. Significa che la Commissione Europea potrà indebitarsi sui mercati per conto dell’Ue. Una volta distribuiti saranno poi gestiti dai Paesi beneficiari per finanziare le aree e i settori dell’economia più colpiti, tra i quali il turismo.

L’Italia dovrà restituire i bond in quota alla sua partecipazione al bilancio Ue (il nostro Paese contribuisce per l’11% al bilancio comune). Quindi non prestiti, ma sussidi.

 

Cosa accade ora

Ora la palla passa alla presidente Von der Leyen che il 27 maggio presenterà la sua proposta ed è possibile che il progetto subisca qualche piccola variazione. Il Fondo potrebbe lievitare fino a 1000 miliardi grazie a liquidità reperite con un sistema di investimenti pubblico-privato. La proposta di Von der Leyen (Commissione europea) sarà vagliata dai 27 governi per passare alla negoziazione del testo.

 

Il fronte ostile

Al netto del ritrovato ottimismo, gli analisti più scettici ritengono tuttavia che un fondo da 500 miliardi sia insufficiente per la ripresa, senza contare che gli Stati Uniti hanno emesso una “potenza di fuoco” da 2000 miliardi. Inoltre, non sono del tutto chiare le condizioni con cui saranno erogati questi fondi e la sorveglianza sui Paesi che ne fanno richiesta, ruolo che spetterebbe alla Commissione.

Spagna e Italia sono favorevoli. Il premier Giuseppe Conte ha avuto un colloquio telefonico con il presidente francese: “Il negoziato sia ambizioso”, è l’auspicio. La Commissione dovrà convincere Austria, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi, che hanno già una controproposta al piano. Per questo il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, invita tutti alla prudenza. La partita è in corso, ma per il goal bisognerà ancora aspettare.

NICOLA TEOFILO

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