Autodisciplina, scuole e sanzioni rapide: la ricetta Razzante per il giornalismo di qualità

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Autodisciplina, valorizzazione della formazione e radicali mutamenti degli organi di disciplina. Queste sono le proposte del professore Ruben Razzante, docente dell’università Cattolica di Milano, in occasione della presentazione alle Gallerie d’Italia di Torino del nuovo “Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione”. La nona edizione del volume in venti anni è “la prova del ritmo impetuoso del mutamento del mondo dei media”, come sottolinea l’autore stesso. 

Una legge non più attuale: proposte per riformare il mondo dell’Informazione

Dalle riflessioni sull’impellenza di riaffermare con determinazione il ruolo del giornalismo agli occhi dell’opinione pubblica si arriva a un tema caldissimo nella discussione interna al mondo dell’Informazione: alla luce delle continue e repentine modifiche che hanno interessato l’intero settore, appare evidente come la Legge n. 69/1963, istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti, non possa garantire più un appiglio giuridico sufficiente per l’ordinamento della professione senza quelle modifiche strutturali che la renderebbero in linea con gli scenari complessi e le sfide attuali.

Da sinistra: Beniamino Pagliaro, Ruben Razzante, Federica Lupoli

“Intervenire sugli aspetti organizzativi, dalla gestione della struttura dell’Ordine alla selezione d’accesso alla professione”. Razzante inizia a delineare i suoi obiettivi in vista di una riforma del giornalismo improntato sulla qualità e la competenza degli addetti ai lavori: “valorizzare i percorsi formativi istituzionali come i Master e incrementare le sinergie con le Università” costituisce il punto da cui partire per lo sviluppo di professionisti capaci di rispondere alle sollecitazioni senza cadere nei tranelli che un giornalismo sempre più improntato alla rapidità porta con sé.

In campo economico, questo si traduce in un proliferare di fake news sanzionate però assai raramente. La soluzione individuata da Razzante si trova non solo nel rafforzamento dei processi di formazione, ma soprattutto nell’accelerazione del funzionamento “a singhiozzo” dei Consigli di Disciplina: “la mia proposta – afferma l’autore del Manuale – è quella di istituire un apparato giudiziario che possa in tempi brevi, massimo 15 giorni, stabilire la verità su notizie controverse e sanzionare gli eventuali responsabili”.

Nuove regole per tornare a crescere

Intraprendere il percorso delineato da Razzante potrebbe rappresentare il passo decisivo e tanto atteso verso l’aumento del livello di credibilità e della qualità dell’informazione, specie quella online.

Il dibattito tra Marco Ferrando, caporedattore Finanza e Mercati al Sole 24 Ore, e Beniamino Pagliaro, caporedattore La Repubblica, mette in luce aspetti decisivi in merito alla questione. Partendo dalla considerazione sui tanti aggiornamenti apportati al Manuale nel corso degli anni e resi necessari dallo sviluppo repentino delle logiche imperanti, si arriva ben presto a riflettere sull’attuale stato di salute del giornalismo e su quella che appare come la necessità più dirimente: individuare le regole per costituire una nuova piattaforma etica su cui costruire un rinnovato campo d’azione per l’Informazione libera.

Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, nona edizione

Così facendo, si potrebbe rispondere alla richiesta qualitativa del pubblico ed innalzare l’asticella relativa alla domanda di informazione. Dotarsi di norme deontologiche rinnovate, precise e semplici da applicare consentirebbe di colmare lo spazio troppo spesso vacante tra l’entrare in contatto con una notizia e il diffonderla attraverso i più recenti strumenti di comunicazione. È proprio qui che s’inserisce la professionalità del mestiere giornalistico, ed è in questo alveo che vanno ricercati gli strumenti per accrescerne la portata in modo da avanzare richieste legittime per tornare a sollecitare l’opinione pubblica.

Informazione economica: i limiti per un settore complesso e la necessità di riforma

Un tema chiave e strettamente attuale è quello del giornalismo economico, che spesso passa in secondo piano nonostante il forte impatto che ha sulla società: “Noi abbiamo due compiti: da un lato assolviamo il dovere della banca di informare e dall’altro diamo la possibilità ai cittadini di avere il diritto di essere informati – evidenzia Elisa Ferrio, Media and Associations Relations di Intesa Sanpaolo – Tutto ciò ci porta al tema dell’informazione economica. Noi abbiamo dei vincoli come dipendenti e giornalisti. Non possiamo usare i dati che conosciamo per nostro beneficio o di terzi e non possiamo divulgarli o manipolarli per modificare l’andamento del mercato”.

Questi temi assumono spesso connotazione apparentemente astratte, ma in realtà hanno un effetto molto concreto sulla realtà: “Il 24 aprile del 2015 vennero annunciate su un giornale le dimissioni dell’amministratore delegato di Intesa San Paolo per gravi irregolarità nel bilancio. – ricorda Ferrio – Il nostro titolo in borsa perse l’1%. In realtà si trattava di una fake news. Venne diffusa da un gruppo anarchico No Tav attraverso un comunicato falso mandato ai media. Un giornalista pubblicò la notizia. Tempestivamente facemmo un comunicato per smentire quanto accaduto. Il nostro titolo salì del 2% in borsa”.

E il settore del giornalismo economico è sicuramente uno di quelli che dovrà essere maggiormente soggetto a regolamentazione secondo il Razzante: “Le fake news di natura finanziaria non vengono quasi mai sanzionate. Questo succede perché l’applicazione di queste di norme richiede competenze specifiche da parte di chi giudica”.