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Ramadan, più isolati e solidali la comunità islamica pensa ai bisognosi

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Sarà più solidale e solitario il Ramadan torinese afflitto ancora dal Covid. Non ci saranno lunghe tavolate o preghiere serali collettive dopo il digiuno, ma la comunità islamica non rinuncia all’aiuto verso gli altri, verso chi ha bisogno.

Sono partite ieri le 75 borse rosse colme di prodotti alimentari: i panieri del Ramadan. Arriveranno alle famiglie in difficoltà, schiacciate dalla crisi pandemica. Un’iniziativa di raccolta fondi per mantenere vivo, anche in tempo di Covid-19, lo spirito comunitario che contraddistingue il mese di digiuno diurno in commemorazione della prima rivelazione del Corano a Maometto.

Il secondo Ramadan in lockdown inizierà domani, il 13 aprile.

“La pandemia ha travolto tradizioni millenarie” racconta Sherif El Sebaie, esperto di diplomazia culturale e medioriente. “E’ una festa che vive sulla collettività. Un periodo di unione, le famiglie si ritrovano, pregano e mangiano insieme, guardano i serial girati per l’occasione dalle produzioni televisive. Ma è anche un momento di maggiore solidarietà ”, per il secondo anno di fila la pandemia costringe però all’isolamento. Ma Torino non si ferma, puntando proprio su quel lato sociale che contraddistingue il Ramadan. L’astenersi da ciò che viene dato per scontato, come cibo e acqua, non solo spinge a riflettere sullo scopo della vita e avvicinarsi al creatore, ma anche a empatizzare con chi vive situazioni di difficoltà.

Compiere atti di compassione durante il Ramadan è infatti una tradizione radicata. Durante il mese di digiuno diurno i musulmani danno la loro zakat, i pagamenti annuali obbligatori. Una tendenza che spesso si traduce nel raccogliere i fondi Iftar per il pasto serale. “Gli anni passati offrivamo cene ogni sera nelle moschee, quest’anno come lo scorso, non sarà possibile. Così è partita l’iniziativa dei panieri del Ramadan, per rimanere comunque vicini e sostenere le famiglie della nostra comunità che stanno vivendo un momento di difficoltà” spiega Brahim Baya, segretario dell’Associazione Islamica delle Alpi. La recessione economica spinta dalla pandemia ha creato nuovi poveri all’interno delle famiglie musulmane. Per questo si pensano nuovi modi di aiutare.

Da qui parte il progetto UMMA, presentato dall’ Associazione Islamica delle Alpi con il sostegno della Compagnia San Paolo e della Città di Torino. “Umma in arabo significa comunità. Vogliamo sostenere le famiglie in difficoltà per le emergenze pratiche prodotte dalla pandemia di Covid-19, e favorire l’inclusione attraverso l’attivazione di uno sportello sociale di ascolto e informazione. Non solo, grazie al progetto di sostegno alimentare continuativo saranno aiutate 20 famiglie con gravi difficoltà economiche” continua Brahim. Un’iniziativa che travalica i confini temporali dettati dal Ramadan, il progetto rimarrà attivo per un anno. La comunità islamica a Torino ha  una presenza forte. Si è creato nel tempo un laboratorio di integrazione e un terreno di incontro attraverso la collaborazione di realtà diverse legate all’Islam. “Stiamo combattendo per trovare modi alternativi di celebrare il Ramadan”, ci saranno infatti cambiamenti rispetto all’anno scorso. “Le moschee saranno aperte, ovviamente con capienza ridotta per rispettare il distanziamento.

Abbiamo anticipato le preghiere serali per rimanere entro i limiti del coprifuoco. Prima iniziavano tra le 21 e le 22”. Rimarranno comunque gli incontri virtuali su zoom per raggiungere capillarmente l’intera comunità. 

Una storia quella del Ramadan torinese che racconta la resistenza di una comunità che nutre, nella difficoltà, le tradizioni solidali. Un Ramadan diverso, si, ma non snaturato.

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