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Raccontare il Mediterraneo. Annalisa Camilli presenta “Le leggi del mare”

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Non si può parlare di migrazioni senza dare la parola ai migranti. È con questo spirito che la giornalista Annalisa Camilli ha scritto il suo ultimo libro “La legge del mare” edito da Rizzoli, presentato al Salone del Libro di Torino. Un lavoro che parte da lontano, da un naufragio.

Era il 18 aprile 2015 e tra le onde del Mediterraneo morivano più di mille persone. Solo ventiquattro i sopravvissuti. Annalisa Camilli li ha raggiunti per raccogliere la loro testimonianza e ha scoperto una storia che non ha paura di paragonare a quella dei sopravvissuti all’olocausto. Oggi l’imbarcazione affondata nell’aprile di quattro anni fa è esposta alla biennale di Venezia, come un memoriale.

“La legge del mare” parte da un naufragio ma non si ferma lì: ripercorre gli ultimi anni, cerca di smontare una ad una le accuse rivolte alle navi Ong, rievoca la vicenda della nave Diciotti, racconta la situazione dei centri di detenzione libici. Tutto questo partendo dalle parole di chi ci è passato: “Nel mio libro cerco di raccontare non solo la sofferenza, ma anche il desiderio di riscatto e il tentativo di salvare gli altri, amici e parenti, tra i migliaia ancora rinchiusi nei centri in Libia”. Quello che fa Camilli è un racconto che si allontana dalla narrazione mainstream della questione migratoria, distante dalle diatribe politiche ma non estranea. È il tentativo di tracciare una linea netta tra chi ha deciso di raccontare i migranti come degli stranieri e chi invece ha scelto di salvarli. Un lavoro ispirato dalla voglia di dare voce a una realtà ‘altra’ rispetto a quella che prende le forme dell’odio e della criminalizzazione.

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Un racconto tra terra e mare. Che del mare prova a spiegarne il linguaggio, il tempo e le leggi. Leggi che, come scritto nella prefazione del volume, “sono diverse da quelle che valgono sulla terraferma: sono più essenziali. Valgono nello spazio ristretto di un’imbarcazione che taglia le onde. In mare non ci sono stranieri o cittadini, clandestini o rifugiati, ma solo naviganti e naufraghi. I primi sono costretti da una legge naturale a soccorrere i secondi. Perché, come nel riflesso di uno specchio, tutti i naufraghi sono stati naviganti, tutti i naviganti potrebbero diventare naufraghi”.

ROBERTA LANCELLOTTI