Immagini, protagonisti in campo, tifo, emotività, statistiche, importanza delle partite: elementi che possono influenzare il modo di raccontare lo sport in diretta, il ritmo e l’enfasi della telecronaca. Ma innanzitutto il telecronista deve essere un buon giornalista, deve cogliere l’essenza della notizia per prepararsi a fare la telecronaca e questo vale per tutti gli sport, che sia calcio, basket o tennis.
Questa la lezione di Maurizio Compagnoni, Flavio Tranquillo ed Elena Pero di Sky Sport al Festival Internazionale del Giornalismo per chi sogna di fare questo mestiere nell’incontro intitolato “Il ritmo dello sport in tv” moderato da Giuseppe De Bellis, direttore di GQ Italia.
I tre giornalisti sportivi hanno precisato che bisogna sempre mettere in primo piano la partita e poi le divagazioni e gli aneddoti, prima le immagini e poi la voce, ognuno nel suo sport di riferimento, seguendo il ritmo della partita. Elena Pero ha sottolineato la silenziosità del pubblico durante gli scambi nel match di tennis che dà al giornalista la possibilità di fare più pause quando la pallina non è in gioco ed esaltare il singolo colpo vincente fatto nei momenti importanti.
Il basket invece obbliga a fare un numero di scelte molto maggiore rispetto al tennis e al calcio per la rapidità delle azioni di gioco e la frequenza dei tentativi di fare canestro, per cui la notevole mole di dati a disposizione deve essere gestita con equilibrio, ma sempre a seconda dell’andamento della partita. Flavio Tranquillo ha ribadito il fatto che ogni partita deve essere gestita e raccontata bene, anche se alcune contano più di altre.
Per Maurizio Compagnoni il telespettatore deve essere accompagnato nel racconto del match in ogni momento senza fare tante pause come invece accade nelle telecronache tedesche anche per i momenti importanti. E spesso l’equilibrio e l’emotività espresse cambiano a seconda del contesto della partita. La stessa Napoli-Juventus – ha precisato Compagnoni – è stata diversa anche nel racconto in campionato e in Coppa Italia e non a caso le partite più emozionanti commentate dal giornalista marchigiano sono state partite di Champions League a eliminazione diretta come Inter-Barcellona del 2010 e la doppia sfida Milan-Manchester United del 2007.
La cultura del tifo nei tre sport, le reazioni degli atleti e le preferenze dei telecronisti assumono caratteri diversi: nel tennis si tifa generalmente a favore e sono rari i casi in cui venga attaccato un particolare tennista (l’ultimo caso la finale degli US Open del 2015 tra Novak Djokovic e Roger Federer in cui il serbo fu fischiato ad ogni turno di battuta) e nel basket non c’è particolare attenzione contro questa o quella franchigia. Mentre nel calcio si vivono situazioni polarizzate in cui il telecronista deve fare attenzione per non essere attaccato, come le partite della Juventus in cui metà dei telespettatori tifa per i bianconeri e metà va contro a prescindere: particolare giudicato come non normale da Flavio Tranquillo, che ha sottolineato come questo potrebbe danneggiare il racconto nel basket.
Infine quello che Tranquillo ha definito “un ossimoro, una deriva tragica”, cioè il fenomeno recente del telecronista tifoso a livello nazionale. Compagnoni invece non ha avuto alcun problema a ribadire il tifo per la Sambenedettese, la squadra della sua città, e a raccontare un aneddoto su una sua esultanza incontenibile in una partita di Serie B nel 1982 contro il Milan per un gol di Ugo Bronzini. Ma erano i tempi in cui nelle tv locali il telecronista poco imparziale era stigmatizzato (a differenza di questi anni) e oggi non farebbe lo stesso errore.
Un incontro piacevole, ben coordinato e ricco di spunti per chi vorrà imitare il racconto di gara 7 tra Golden State Warriors e Cleveland Cavaliers l’anno scorso o l’ultima sfida tra Roger Federer e Rafael Nadal domenica o “la partita perfetta” Milan-Manchester, partendo da una massima fondamentale: non è detto che un buon giornalista sia un buon telecronista, ma un buon telecronista è innanzitutto un buon giornalista.